Cerca
Logo
Cerca
+

Francia, il sogno impossibile dei progressisti: una patrimoniale a livello mondiale

Mauro Zanon
  • a
  • a
  • a

Se si dovesse riassumere con una parola il programma del Nuovo fronte popolare (Nfp), l’ammucchiata delle sinistre francesi guidata dalla gauche radicale di Jean-Luc Mélenchon, quella parola sarebbe “tasse”. Soprattutto a carico dei super-ricchi, i nemici giurati del del guru giacobino e dei suoi compagni di coalizione. Oltre alla proposta di ripristinare l’Isf (Impôt sur la fortune), la patrimoniale, con una “componente climatica” (formula presente nel programma di Nfp), all’idea di introdurre quattordici scaglioni per aggravare la pressione fiscale sui più abbienti, e all’idea di una maxi-gabella a carico dei colossi dell’agroalimentare e della grande distribuzione, figura una tassa che ieri Le Figaro ha definito “enigmatica”, ma che sta facendo tremare le grandi fortune transalpine e i giganti del Cac 40: la “tassa Zucman”, dal nome dell’economista francese Gabriel Zucman, classe 1986, che propone di instaurare una tassa internazionale del 2% sui patrimoni dei circa 3mila miliardari globali.

Nel dettaglio, «le persone con una ricchezza superiore a un miliardo di dollari sarebbero tenute a pagare un importo minimo di tasse all’anno, pari al 2% della loro ricchezza in tasse individuali (sul reddito e sul patrimonio)», ha spiegato l’economista francese in un rapporto pubblicato lo scorso 25 giugno e commissionatogli dalla presidenza brasiliana del G20 Finanze in programma a fine luglio a Rio de Janeiro. Questa tassa potrebbe assumere diverse forme, come «una tassa sul reddito presunto, una tassa su un concetto ampio di reddito o una tassa sul patrimonio», secondo le sue parole.

 

 

Con un’aliquota del 2%, la nuova tassa «permetterebbe di raccoglie tra i 200 e i 250 miliardi di dollari all’anno in tutto il mondo da circa 3.000 contribuenti», e secondo Zucman, in caso di estensione dell’imposta ai titolari di una ricchezza netta superiore a 100 milioni di dollari, «le entrate erariali aumenterebbe di altri 100-140 miliardi di dollari all’anno». Per giustificare l’introduzione di una simile gabella, il direttore dell’Osservatorio fiscale dell’Unione europea si basa su «studi che dimostrano che l’imposta sul reddito – che in linea di principio è il principale strumento di progressività fiscale – non tassa in maniera efficace le persone con grandi ricchezze», il che porta alla concentrazione «dei guadagni della globalizzazione nelle mani di un numero relativamente ristretto di persone».

Per Zucman, tassare i più ricchi non «sostituirebbe le politiche fiscali nazionali progressive, ma le sosterrebbe, migliorando la trasparenza sulle ricchezze più elevate, riducendo gli incentivi all’evasione fiscale e prevenendo una corsa al ribasso». Zucman, che insegna all’École d’économie de Paris, all’École normale supérieure e a Berkley, e ha sfornato la sua proposta su incarico del presidente brasiliano Lula, è un allievo di Thomas Piketty, capofila della nuova “french theory” nel campo economico, secondo cui per ridurre le diseguaglianze mondiali basta oberare di tasse i super ricchi. Era stato Piketty, del resto, a ispirare al socialista François Hollande, ex presidente della Repubblica francese, la maxi gabella al 75% contro tutti coloro che guadagnano più di un milione di euro (in seguito seppellita perché giudicata “confiscatoria” dalla Corte Costituzionale).

Per il bebè Piketty la nuova tassa porterebbe a una maggiore coesione internazionale, «potrebbe contribuire all’avvento di una nuova èra di multilateralismo, in cui la lotta contro le diseguaglianze e il coordinamento tra le nazioni per promuovere una crescita equa sarebbero le principali preoccupazioni». A condizione che i Paesi riescano a trovare un accordo. «È qui che risiede la debolezza di questa proposta: i Paesi riusciranno davvero a trovare un accordo?», si è chiesto Silvain Bersinger, analista di Asterès, società di consulenza nel campo economico. A livello internazionale, Spagna, Belgio, Colombia e Sudafrica hanno già manifestato il loro sostegno alle idee dell’economista francese. La Francia, con i mélenchonisti al governo, potrebbe essere il prossimo Paese a seguirlo.

 

Dai blog