Il Pd festeggia per Starmer, ennesimo "papa straniero": la sinistra non cambia mai
Se la parola chiave della campagna elettorale di Keir Starmer è stata Change, cambiamento, la sinistra italiana invece non cambia mai. Specializzata nell’innamoramento del papa straniero un po’ per moda un po’ per assenza di competitor interni, la variegata compagnia che in Italia si oppone al governo di Giorgia Meloni, anche di fronte al verdetto delle elezioni inglesi festeggia come se avesse vinto lei: si lancia in dichiarazioni ammirate del nuovo inquilino di Downing street come fosse uno che ha la tessera di Avs. Forse perché non potendo gioire per i risultati interni, la sinistra guarda oltre confine nella speranza di venire contagiata dall’allegria dei laburisti britannici, loro sì tornati a trionfare dopo 14 anni di governo dei Conservatori. Il primo che intravede l’inizio della riscossa è Pier Luigi Bersani, sostenitore indefesso del campo largo con M5S: «L’onda di destra di certo non si è fermata, ma qualcosa si muove e ci dice datevi una regolata», spiega l’ex segretario dem al Corriere.
E però qualcuno spieghi a Bersani e compagni che il voto del 4 luglio ha assegnato la vittoria a un esponente riformista, non proprio di sinistra. Lo dice il programma di Starmer, così diverso da quello del suo ex capo Jeremy Corbyn, estremista, e anche da quello dell’ex leader dei laburisti David Milliband, che comunque sarà nella squadra del nuovo premier da ministro perla Sicurezza Energetica. Qui da noi, dunque, la sinistra da sempre sogna un papa straniero, forse anche per quel recondito sentimento anti-italiano che distingue i patrioti veri da quelli che lo sono solo quando c’è da cantare l’inno nazionale prima delle partite di calcio. In fondo anche Elly Schlein è uscita dal cilindro di qualche capo corrente dem, a corto di nomi per le primarie, per il suo essere così diversa e cosmopolita, metà italiana e metà americana, con i natali in Svizzera e la tripla cittadinanza. Perfetta per un partito spento. E ieri Schlein, alla Direzione Pd, ha avvertito: «È tempo dell’alternativa, quello dei veti è finito». Messaggio da recapitare ai litiganti, obviously.
La lezione inglese che a casa nostra non hanno capito
Gioisce su X anche il commissario Ue Paolo Gentiloni, Pd ma di area Margherita: «Maggioranza schiacciante dei laburisti, dopo 14 annidi governi conservatori culminati con la Brexit. La leadership riformista di Keir Starmer ha riportato la sinistra britannica al governo dopo una lunga fase di radicalismo minoritario». Tuttavia non è detto che il papa straniero sia il salvatore dei progressisti in cerca di riscatto. Non lo è stato il greco leader di Syriza, Alexis Tsipras, né il connazionale Yanis Varoufakis: abile a tenere discorsi in tv, meno a fare politica.
Nella lista dei papi stranieri c’è lo spagnolo Zapatero, premier dal 2004 al 2011 quandò vinse il Partido popular di Mariano Rajoy. Ora c’è il socialista Pedro Sanchez, ennesimo papa straniero per il Pd, sebbene nel 2023 si sia imposto il Pp. Il baronetto Starmer è il nuovo messia al quale guardano i nostri esponenti del fu campo largo. Si tuffa nella mischia Matteo Renzi, grande fan di Tony Blair, ricordando agli ex alleati che «senza riformisti la sinistra perde» e quindi la vittoria del 61enne Keir, per il leader di Iv, è la prova che «avevamo ragione noi, gli inglesi dimostrano che se non c’è il centro non si vince, anche Schlein lo ha capito». Ma Carlo Calenda, risponde picche: «Non serve a nulla un’accozzaglia populista e filoputiniana con una spruzzata di centrino».
Tra i change attuati da Starmer c’è l’avere perseguito la linea della fermezza contro i rigurgiti antisemiti presenti nel Labour ai tempi di Corbyn. Una scelta apprezzata da Davide Romano, direttore del Museo della Brigata ebraica, che infatti non si capacita di come Laura Boldrini e Peppe Provenzano, deputati dem, in Parlamento continuino a sostenere che il governo dovrebbe riconoscere lo stato di Palestina come gesto contro Hamas. «Ma in che mondo vivono?», chiede Romano. La leadership riformista di Starmer ha vinto anche contro gli antisemitismi.
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