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Usa, Casa Bianca: la tribù Biden a consulto per decidere il destino di Joe

Giovanni Sallusti
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Il Partito Democratico americano ormai è una serie di paradossi concentrici, con al cuore il paradosso supremo: il presidente uscente che si ricandida a comandante in capo, dopo aver mostrato in diretta tivù a tutta la nazione la propria inadeguatezza strutturale, psico-fisica, a ricoprire il ruolo. Non è gossip: il corpo del capo è tema politicissimo, in America (appunto perché non si tratta semplicemente di un presidente, di qualcuno che amministra, ma soprattutto di qualcuno che proietta l’anomalia e la potenza americane), ed è per questo che il tracollo di Biden in casa della Cnn lo ha reso indigesto anche a larghe fette di elettorato progressista. Dopodiché, è fondato pure l’allarme suonato ieri con una nota ufficiale dai responsabili della campagna di Sleepy Joe. «Se si ritirasse, ciò porterebbe a settimane di caos, di torte in faccia e a un sacco di candidati che arrancano in una battaglia brutale sul palco della convention, tutto questo mentre Donald Trump avrebbe il tempo per parlare agli elettori americani incontestato». Non è un’iperbole da staff troppo zelante, è l’ossimoro politico e perfino esistenziale in cui è intrappolato il partito dell’Asinello: Joe Biden, oggi a tutti gli effetti un candidato fantasmatico e quasi offensivo, è l’unico in grado di tenere insieme le varie anime dem. Si sono sprecati fiumi d’inchiostro sulla presunta spaccatura nel Gop, la verità è che ad essere una somma di più partiti diversi, se non confliggenti tra loro, è da tempo la comunità democratica.

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