L'Onu si inchina ancora ai talebani: niente donne al summit sull'Afghanistan

di Carlo Nicolatomercoledì 26 giugno 2024
NEW YORK, 21 SET - Sono ore di contatti diplomatici e consultazioni frenetiche queste a New York nel tentativo di trovare "una soluzione che vada bene a tutte e due le parti", ha detto il ministro Franco Frattini impegnato, insieme con i partner europei, a cercare 'la quadra' su quello che si conferma il tema dominante all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite in corso: l'annunciata richiesta palestinese di riconoscimento in sede Onu. A due giorni dalla presentazione formale della richiesta palestinese - attesa per venerdì e di cui non si conoscono ancora dettagli, tempi e modalità, ha precisato ancora Frattini - la situazione è di "estrema fluidità" e lo sforzo al momento è di "mantenere un'unità europea" prima di tutto, poi un'unità anche con gli Stati Uniti. In quest'ottica si delinea così in maniera sempre più consistente "un'ipotesi per una risoluzione del Quartetto con garanzie che potremmo offrire all'una e all'altra parte". Ma "ancora una soluzione non c'é", ha tuttavia riferito il titolare della Farnesina dopo un incontro con i ministri degli Esteri a New York, obbligatoriamente dominato dalla questione che ha il potenziale di una svolta storica. L'esito del negoziato è al momento ancora un'incognita, quello che si sa però è che in questi giorni, e in maniera via via più palese e vigorosa, si è perseguita un'unità europea. "Siamo tutti d'accordo in evitare divisioni e mantenere unità europea, che l'Alto rappresentante Ue Catherine Aston si è impegnata a preservare". A questo scopo quindi si tengono riservate le posizioni nazionali, condizione indispensabile per il successo dei negoziati data la "fase crucialissima", quello che invece Frattini ha riferito è che "non si è parlato di astensione". "Cerchiamo una posizione condivisa ed è bene che il negoziato lo conduca la Ashton", mentre sull'ipotesi di contatti e incontri separati, il ministro ha ammonito: "non servono. Nessuno arriva da solo al risultato, se ci arriviamo sarà merito di tutti". Sulla posizione della Russia - membro del Quartetto insieme con Ue e Usa - ha però ammesso: "é una posizione attendista. Non neghiamo che avrebbero voluto essere più coinvolti, ma se il Quartetto trova la quadra vince anche la Russia".(ANSA). RP/

NEW YORK, 21 SET - Sono ore di contatti diplomatici e consultazioni frenetiche queste a New York nel tentativo di trovare "una soluzione che vada bene a tutte e due le parti", ha detto il ministro Franco Frattini impegnato, insieme con i partner europei, a cercare 'la quadra' su quello che si conferma il tema dominante all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite in corso: l'annunciata richiesta palestinese di riconoscimento in sede Onu. A due giorni dalla presentazione formale della richiesta palestinese - attesa per venerdì e di cui non si conoscono ancora dettagli, tempi e modalità, ha precisato ancora Frattini - la situazione è di "estrema fluidità" e lo sforzo al momento è di "mantenere un'unità europea" prima di tutto, poi un'unità anche con gli Stati Uniti. In quest'ottica si delinea così in maniera sempre più consistente "un'ipotesi per una risoluzione del Quartetto con garanzie che potremmo offrire all'una e all'altra parte". Ma "ancora una soluzione non c'é", ha tuttavia riferito il titolare della Farnesina dopo un incontro con i ministri degli Esteri a New York, obbligatoriamente dominato dalla questione che ha il potenziale di una svolta storica. L'esito del negoziato è al momento ancora un'incognita, quello che si sa però è che in questi giorni, e in maniera via via più palese e vigorosa, si è perseguita un'unità europea. "Siamo tutti d'accordo in evitare divisioni e mantenere unità europea, che l'Alto rappresentante Ue Catherine Aston si è impegnata a preservare". A questo scopo quindi si tengono riservate le posizioni nazionali, condizione indispensabile per il successo dei negoziati data la "fase crucialissima", quello che invece Frattini ha riferito è che "non si è parlato di astensione". "Cerchiamo una posizione condivisa ed è bene che il negoziato lo conduca la Ashton", mentre sull'ipotesi di contatti e incontri separati, il ministro ha ammonito: "non servono. Nessuno arriva da solo al risultato, se ci arriviamo sarà merito di tutti". Sulla posizione della Russia - membro del Quartetto insieme con Ue e Usa - ha però ammesso: "é una posizione attendista. Non neghiamo che avrebbero voluto essere più coinvolti, ma se il Quartetto trova la quadra vince anche la Russia".(ANSA). RP/

3' di lettura

Questo fine settimana a Doha, in Qatar, si terrà la terza conferenza delle Nazioni Unite sull’Afghanistan. Alla prima, tenutasi nel maggio dello scorso anno, i Talebani, che governano il Paese da tre anni, non sono stati invitati. Alla seconda, dello scorso febbraio, si sono rifiutati di partecipare lamentando la presenza al summit di attivisti per i diritti umani. Alla terza l’Onu per convincerli ha acconsentito che alla conferenza partecipino solo uomini e non si parli di diritti delle donne. Ha calato le braghe insomma, secondo la sua più infame tradizione ha permesso che i peggiori trasgressori dei diritti umani dettino legge in quella che dovrebbe essere la casa degli stessi diritti ma che stadi fatto diventando punto di riferimento di estremisti, terroristi e tiranni islamici. «L’incontro di Doha si terrà nei prossimi giorni e l’Emirato islamico dell’Afghanistan è stato ufficialmente invitato a partecipare», ha annunciato trionfante il ministro degli Esteri talebano Amir Khan Muttaqi in una dichiarazione video.


«Abbiamo sviluppato buone relazioni con i Paesi vicini e regionali e stiamo anche perseguendo attivamente legami positivi e cordiali con i governi occidentale e statunitense» ha sottolineato, lasciando intendere dunque come l’incontro in Qatar suoni un po’ come lo sdoganamento definitivo per il governo degli studenti di Allah e le sue leggi. Ovviamente tutto questo ha provocato la reazione di organizzazioni quali Amnesty International, la cui segretaria generale Agnes Callamand ha dichiarato che «la credibilità dell’incontro andrà a pezzi se si non affronterà adeguatamente la crisi dei diritti umani in Afghanistan e non si riuscirà a coinvolgere i difensori dei diritti umani e altre parti interessate della società civile afghana». Il direttore esecutivo di Human Rights Watch, Tirana Hassan, si è detta invece scioccata e ha sottolineato come «escludere le donne rischi di legittimare gli abusi dei talebani e di provocare un danno irreparabile alla credibilità delle Nazioni Unite come sostenitrice dei diritti delle donne e della partecipazione significativa delle donne».

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PIÙ REALISTI DEL RE
Dal canto suo l’Onu cerca di respingere le accuse, facendo presente, come ha detto Roza Otunbayeva, capo della Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan, che in questa fase bisogna andarci con i piedi di piombo. «Stiamo cercando di istituire un processo e preservare un importante meccanismo di consultazione» ha detto la Otunbayeva, «dobbiamo essere realistici su quanto ogni incontro in questo processo può offrire, soprattutto in questa fase iniziale in cui la fiducia è insufficiente». Ma mentre l’Onu mostra un’accortezza che in altre occasioni e nei confronti di altri interlocutori non ha avuto (vedi Israele), la situazione per le donne in Afghanistan continua a peggiorare. A seguito di un decreto emesso dal governo talebano due anni fa secondo cui le donne devono andare in giro rigorosamente coperte dalla testa ai piedi, le retate e gli arresti per “cattivo hijab” sono aumentati vertiginosamente, come ha denunciato la stessa Onu in un rapporto del febbraio scorso. Le fermano per strada, nei mercati, le vanno a prendere a casa di notte. In molti casi peraltro si sono registrati casi di violenza sessuale da parte dei carcerieri e di successivi suicidi. Alcune sono letteralmente scomparse nel nulla. Le autorità locali ovviamente negano tutto, ma a queste vicende si sommano altre note restrizioni, come il divieto a viaggiare da sole, o quello a studiare dopo la prima media. Le donne devono restare a casa, se non è strettamente necessario che escano, e un altro decreto introdotto a inizio 2023 impedisce loro di lavorare per Ong o per l’Onu stessa.


A tutto questo si aggiunge un’assistenza medica estremamente limitata, specie per le donne, con la gran parte di loro che partorisce in casa con l’aiuto della suocera. Non a caso l’Afghanistan è uno dei Paesi con il tasso di mortalità da parto più alto al mondo (638 su 100mila parti, secondo gli ultimi dati disponibili). «Sfortunatamente, la comunità internazionale vuole trattare con i talebani, ed è per questo che la loro agenda è sempre stata più importante per loro delle donne afghane, della democrazia o di qualsiasi altra cosa», ha detto lapidaria Habiba Sarabi, nota per essere stata la prima donna governatrice di una provincia afghana.

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