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Le Pen, il delirio di Repubblica: "Depressione, tachicardia, insonnia". Se vince la destra...

Marine Le Pen

Giovanni Sallusti
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Qualcuno doveva trovare il coraggio di stenderlo, questo reportage. Certo, ci voleva un (o una) cronista d’assalto, con consolidato sprezzo del pericolo e passionaccia per il mestiere dell’inviato. Alla fine, ci ha pensato Anais Ginori, corrispondente dalla Francia di Repubblica, che ha reperito non si sa dove il fegato necessario per uscire dalla sua casa parigina e recarsi nella centralissima Place des Vosges, la più antica piazza della capitale francese, cuore della città e del quartiere del Marais, uno dei più alla moda nonché quello che ospita l’Hôtel de Ville, il Municipio.

Nonostante l’elevato rischio, la corrispondente s’intrufola «nel cortile di una scuola elementare», oltretutto «pieno di stand per la festa prima delle vacanze». E lì, grazie al consumato mestiere, riesce a carpire frammenti di una conversazione tra genitori. «Coraggio». «Grazie, anche a te».

«Non riesco a immaginare come mi sveglierò l’8 luglio, è anche il mio compleanno», sospira una maestra, condividendo il proprio dramma personale all’interno del dramma collettivo. Quest’ultimo è tratteggiato dalla cronista con pennellate vivide, proprie di chi ha svoltato in Place des Vosges e si è trovato di fronte le convulsioni della Storia: «La domenica 7 luglio, secondo turno delle legislative, provoca un senso di vertigine e secondo diversi psicologi sta provocando un’impennata di sintomi come depressione, stress, tachicardia, insonnia».

 

 

DA HEGEL A GINORI - Se Hegel affacciandosi da una finestra a Jena scorse Napoleone e ci vide «l’anima del mondo a cavallo», Ginori accomiatandosi da una boutique si è imbattuta nei residui elettori di Macron e ci ha visto l’anima della Francia devastata. Da giornalista coscienziosa, è voluta risalire alle cause, e ha voluto interpellare anzitutto il sociologo Jérôme Fourquet: «La testa del Paese non corrisponde più al corpo elettorale dove invece è ormai egemonica l’estrema destra. E questo significa che nei pranzi di famiglia, davanti alla macchinetta del caffè in ufficio, al bistrot dell’angolo, a dominare è ormai la griglia di lettura del Rn».

È di questo che non si fanno una ragione, in Place des Vosges: che ai «pranzi di famiglia», alla «macchinetta del caffè», magari perfino in quel «bistrot all’angolo», a pochi passi dall’Hôtel Arnaud in cui visse Victor Hugo, non in qualche periferia infestata da manovali sudaticci, si parli l’alfabeto del Rassemblement National. È per questo che si deprimono, non riescono a prendere sonno, oppure si svegliano nel cuore della notte coi battiti a mille, i bravi borghesi del Marais (il sinistro Sartre, quando la sinistra era una cosa seria, li avrebbe chiamati “salauds”): c’è la democrazia a rischio, perché il popolo si è messo in testa di votare come gli pare.

Addirittura di votare Marine, generando nel centro del centro di Parigi quella che Gladys Mondière, presidente della Federazione francese degli psicologi prontamente interpellata sul dossier, battezza «demo-ansia». È una sorta di evoluzione dell’ecoansia: non più la preoccupazione gretina per le sorti del pianeta, ma quella cretina per la «democrazia sotto minaccia» a causa della sua applicazione. La valente Ginori non si accontenta, espande il raggio dell’inchiesta, e sente Sébastien Pélissier, psicologo a Marsiglia. «Quasi tutti i suoi pazienti» (tra cui deduciamo non si annoverano operai portuali, vista la scala di priorità esistenziali) «a un certo punto della consultazione affrontano questa situazione. E sono persone che non mi avevano mai parlato prima di politica» (non a caso, verrebbe da aggiungere). L’elenco dei disturbi è da nevrosi di massa: «C’è chi ha pianto sentendo l’annuncio in tv del capo dello Stato, chi si rifugia nell’alcol o negli ansiolitici per dimenticare».

 

 

FUGA NELL’ALCOL - Insomma, se nel centro di Parigi si abbandonano alla depressione o rischiano l’infarto causa tachicardia, la buona società marsigliese si è ridotta a una congrega di alcolizzati (i più gravi pare miscelino il Bordeaux con gli psicofarmaci) al solo pensiero che il partito di maggioranza in Francia sia ancora quello di due settimane fa.

Ma la vera tragedia delle élite (etiliche) la sviscera alla segugia di Rep. Rémy Oudghiri, sociologo e direttore generale di Sociovision all’istituto Ifop: «Il paradosso è che stavamo entrando in un periodo in cui era possibile godersi l’arrivo dell’estate, le vacanze, gli Europei e poi le Olimpiadi».

Dannati fasciosovranisti, dannata Le Pen, dannato Bardella: Rémy e i suoi amici stavano giusto per godersi l’estate, avevano già avvisato i custodi filippini di arieggiare le seconde case in Costa Azzurra, stavano organizzando aperitivi con la scusa di esaminare la seconda parte della Critica della ragion pura, ma la televisione ben fissa sulle gesta di Maignan e Dembélé, e questi si sono messi davvero in testa di partecipare alle elezioni per rinnovare l’Assembela Nazionale. Addirittura, di partecipare per vincere. Come dice la politologa Chloé Morin, «potrebbe essere uno dei più grandi shock politici da decenni». Probabilmente, la signora risiede in Place des Vosges. Nel caso, consigliamo di andarci piano con la bottiglia. 

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