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Vladimir Putin, ecco perché vuole un golpe in Ucraina

Andrea Morigi
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Arrivano in territorio russo i missili americani a lungo raggio. Lo Zar è preoccupato e convoca i giornalisti, in particolare quelli occidentali, per recitare la parte della vittima. «Tutti credono che la Russia abbia iniziato la guerra in Ucraina - ha affermato ieri il presidente russo Vladimir Putin nel corso di una conferenza stampa a margine del Forum di San Pietroburgo - Ma nessuno, voglio sottolinearlo, nessuno in Occidente, in Europa, vuole ricordare come è iniziata questa tragedia, con un colpo di Stato in Ucraina, colpo di Stato incostituzionale: questo è l’inizio della guerra.

La Russia è responsabile di questo colpo di Stato? No». Che i carri armati oltre il confine di un Paese limitrofo li abbia inviati lui il 24 febbraio 2022, può apparire un dettaglio nella propaganda del Cremlino. Invasione a parte, si prevede un altro golpe. Più che altro è il desiderio a far dire che gli Stati Uniti «si libereranno» del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, entro un anno, per poi sostituirlo, a causa delle «pesanti perdite» delle forze armate di Kiev nel quadro della guerra con Mosca. Un’analisi che gli fa sperare «che l’amministrazione statunitense costringerà le autorità ucraine a prendere una serie di misure, come abbassare a 18 anni l’età per la mobilitazione, e poi si libereranno di Zelensky».

 

 

 

I RISCHI DI ESCALATION

Intanto, l’Occidente sta sostenendo il Paese aggredito. Ed è il tasto dolente. «La fornitura di armi alla zona di conflitto è sempre negativa. Inoltre, se ciò è dovuto al fatto che coloro che forniscono, non solo forniscono armi, ma controllano queste armi» e «questo è un passo molto serio e molto pericoloso». Forse il rischio maggiore è l’armata rossa a correrlo (non a caso Putin ha nuovamente definito “insensata” l'ipotesi di un attacco russo contro i Paesi della Nato, proprio a causa della grande differenza dei loro potenziali militari).

Quel che può fare Putin è minacciare: «Se qualcuno considera possibile fornire le armi nella zona di combattimento per colpire il nostro territorio, perché non avremmo il diritto di fornire le nostre armi dello stesso tipo in regioni del mondo dove saranno colpite le strutture sensibili dei Paesi che agiscono così contro la Russia?». In realtà, i rifornimenti militari dall’Iran, dalla Corea del Nord, l’assistenza logistica e militare dalla Cina, fanno pensare che sia la Russia ad avere bisogno di materiale bellico. Tanto che la «cooperazione sulla scena internazionale» tra Mosca e Pechino «è un deterrente e un elemento di stabilità», a giudizio dell’autocrate del Cremlino. A Putin non resta che auspicare un cambio di regime nei Paesi «ostili». Fra pochi giorni sarà eletto un nuovo Parlamento europeo e a novembre potrebbe rinnovarsi anche l’assetto di potere alla Casa Bianca. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, «per noi il risultato delle elezioni non ha molta importanza, il nostro rapporto rimarrà lo stesso e lavoreremo con chiunque sarà il nuovo presidente», fa sapere l’ex agente del Kgb. Il bacio della morte lo riserva a Donald Trump, con un finto endorsement: «È chiaro al mondo intero che perseguire Trump, soprattutto per accuse basate su eventi accaduti anni fa senza prove dirette, è semplicemente l'uso del sistema giudiziario come parte della lotta politica». A Biden, invece, dà un’insufficienza: «È un politico della vecchia scuola, ed è prevedibile».

 

 

 

AVVISO ALL’ITALIA

Ufficialmente, Mosca si astiene dalle incursioni negli equilibri politici di altri Stati, però la macchina della propaganda è avviata da tempo. L’infiltrazione di partiti politici e le attività di spionaggio e di disinformazione sono ormai condotte allo scoperto, grazie ad agenti d’influenza presenti nelle liste pacifiste. Nel tentativo di intossicare il dibattito non poteva mancare una mossa nei confronti della Meloni. La posizione dell'Italia sulla Russia è «più moderata rispetto ad altri Paesi Ue». Lo attribuisce al fatto che nel nostro Paese «la russofobia cavernicola non si diffonde». Certo, fra alcuni nostri intellettuali va di moda il culto verso il patriarca ortodosso Kirill, magari strumentalizzato in un’ottica anticattolica. E fra i politici c’è anche chi è rimasto incantato dall’ideologo Alexander Dugin, che maledice l’Occidente a ogni pié sospinto, giudicandolo il distillato di ogni corruzione. Ma nessuno di loro ha ancora scelto di trasferirsi nell’ex Urss.

 

 

 

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