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Donald Trump, il sondaggio che fa tremare la sinistra: dove è arrivato

Carlo Nicolato
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Alla vigilia della sentenza che potrebbe sancire la prima condanna penale di un candidato alla presidenza americana, i sondaggi danno Donald Trump in vantaggio dell'1,1% sull’avversario. Lo stesso giorno di quattro anni fa RealClearPolitics, che si è occupato della rilevazione di cui sopra, registrava un vantaggio di Biden di oltre il 5 per cento. Secondo altri sondaggi la sentenza in realtà sposterà di poco l'ago della bilancia: Quinnipiac ad esempio sostiene che la percentuale di elettori che ritiene che Trump abbia fatto qualcosa di illegale nascondendo presunti pagamenti di denaro per coprire le sue relazioni extraconiugali è rimasta invariata dall’inizio del processo (46%), così come sostanzialmente quella di coloro secondo cui una condanna non cambierebbe le loro decisioni di voto a novembre (è passata dal 68% al 62%).

Un sondaggio YouGov rileva invece come la percentuale di elettori che sono convinti che comunque Tump ha commesso un crimine è passata dal 38 al 47%, che è più o meno la stessa quota rilevata dal New York Times di quelli secondo cui Trump dovrebbe essere comunque condannato (46%). La sostanza delle domande è sempre la stessa, ma ogni rilevamento la pone in modo diverso. Tutto questo tuttavia significa poco, con un vantaggio così esiguo tra i due teoricamente basta un leggero spostamento da una parte e dall’altra per cambiare le carte in tavola e da qui a novembre di occasioni per ribaltoni e controribaltoni ce ne saranno a iosa.

 

La sensazione tuttavia è che stavolta i ribaltoni arriveranno dall’estero, ovvero stavolta i fatti di politica internazionale conteranno più che nelle elezioni presidenziali passate e avranno un peso maggiore degli stessi processi del tycoon. Brutte notizie per Biden insomma e anche in questo caso lo attestano i sondaggi. Ce ne sono diversi ad esempio che fanno notare come il presidente in carica si giochi tutto sulla guerra a Gaza. Un sondaggio YouGov registra come in cinque swing states, Arizona, Michigan, Pennsylvania, Wisconsin e Minnesota, una percentuale considerevole di elettori è fortemente dubbiosa se tornare a votare Biden proprio a causa dell’appoggio militare della sua Amministrazione a Israele. Si tratta di un 20% in bilico, potenzialmente decisivo in Stati in cui il differenziale tra vittoria e sconfitta è mediamente di 20mila voti.

 

La guerra in Medio Oriente è sicuramente quella che peserà di più, vista la quantità di musulmani negli Usa (quasi 3 milioni) e lo schieramento preferenziale dei giovani a favore della Palestina, ma anche quella in Ucraina potrebbe rivelare sorprese. Secondo una rilevazione dell’Harris Poll e del Quincy Institute il 70% degli americani vuole che l’amministrazione Biden spinga l’Ucraina verso una pace negoziata con la Russia il prima possibile, ma le notizie che arrivano dall’Europa vanno tutte nella direzione opposta. Le richieste di Macron sull’invio di soldati Nato e quella di Stoltenberg sull’eventualità di lasciare agli ucraini l’opzione di colpire la Russia con armi occidentali, poi ribadita dallo stesso presidente francese e da Scholz, rischiano di scatenare un escalation dal quale è impossibile che gli Usa ne rimangano fuori. Altro che pace negoziata, gli alleati europei di Biden, quelli a lui politicamente più vicini, stanno di fatto facendo il gioco di Trump

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