Pedro Sanchez, svolta: resta al governo col permesso dei giudici, come si salva
Ci sono varie chiavi di lettura dell’ennesimo scandalo che rischia di travolgere il governo spagnolo: una ovviamente è giudiziaria, l’altra è politica e si intreccia sia con la prima che con il lato famigliare, personale e personalista del premier Sanchez e di sua moglie. Sul piano giudiziario è molto probabile, se non certo, che Begoña Gómez la farà franca. La macchina del soccorso rosso è già partita lancia in resta per salvare lei e quindi il marito che meditava, secondo la bizzarra lettera scritta di suo pugno, le dimissioni. La fiscalia di Madrid, ovvero la procura provinciale della capitale, ha infatti già chiesto l’archiviazione del caso, presentando ricorso contro la decisione del Tribunale d'Istruzione numero 41 di Madrid. I fatti denunciati, sostiene, non sussistono, per cui è inutile indagare. Ma il soccorso rosso è andato ben oltre, attaccando direttamente lo «pseudosindacato», così viene definito, che ha presentato la denuncia contro Begoña accusandola di un presunto reato di traffico d’influenza e corruzione in affari con una società privata.
MANI PULITE
“Manos Limpias”, cioè “Mani Pulite”, nasce nel 1995 prendendo ovviamente il nome dalla serie di inchieste italiane dello stesso periodo, si dichiara indipendente e per sua stessa definizione «presenta tutti i tipi di denunce, di fronte alla corruzione politica o economica che ledano l’interesse pubblico o generale». La parte più interessante è però chi sta dietro a tale movimento prontamente etichettato di ultradestra. I popolari? Vox? Populisti, euroscettici o roba del genere? No, franchisti. Il fondatore, Miguel Bernad, è un funzionario pubblico in pensione di 82 anni, apparso nelle liste del Fronte Nazionale insieme a Blas Piñar (riconosciuto cavaliere della Fondazione Francisco Franco) alle elezioni del Parlamento Europeo dell’87 e dell’89. Roba di quasi 40 anni fa insomma, anni in cui la Spagna aveva i suoi problemi a introdurre la democrazia tra nostalgici e colpi di Stato. Ma se sotto il profilo penale Begoña ne uscirà probabilmente intonsa, sotto quello politico il marito è andato già oltre la figuraccia con quella lettera in cui parla di «macchina del fango», della destra che non ha accettato il risultato delle elezioni, del fatto che «hanno oltrepassato la linea del rispetto alla vita familiare di un premier», in cui si dipinge come vittima ed eroe, difensore fino alle estreme conseguenze del progressismo.
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SCENEGGIATA
«Sono un uomo profondamente innamorato di mia moglie che vive con impotenza il fango che le spargono addosso giorno dopo giorno», ha scritto in quella lettera, riservandosi qualche giorno, fino a lunedì, per decidere se dimettersi o meno. Giusto il tempo perché la procura amica intervenga, come ha già fatto, e non lo tenga sulle spine proprio in vista delle elezioni europee e quelle catalane. Il leader del Ppe, Alberto Nuñez Feijoo, l’ha definita una precisa «strategia giudiziario-elettorale», una «messinscena da adolescente affinché i suoi lo seguano supplicandolo di non arrabbiarsi e non andarsene». «Non potendo governare per adesione, intende governare per compassione», ha aggiunto il capo dell’opposizione che chiede a Sanchez di fornire immediatamente spiegazioni di fronte ai vari casi di corruzione che «colpiscono il suo partito, il suo governo e il suo entourage», cosa che avrebbe dovuto fare «settimane fa», ma che non si è ancora verificata. La sceneggiata del premier, che si concluderà lunedì dopo cinque giorni di riflessione sull’amore per sua moglie, arriva in un momento particolarmente delicato sia in chiave interna che in quella estera. Le elezioni anticipate in Catalogna, previste per il 12 maggio, rischiano di complicare i fragili equilibri su cui si regge il governo, che sopravvive proprio grazie ai voti dei due partiti indipendentisti catalani che si fanno la guerra tra di loro. Ma anche a Bruxelles sono ben attenti a quello che sta succedendo a Madrid: con 21 deputati quella spagnola rappresenta infatti la compagine nazionale più numerosa in seno al gruppo dei socialisti, davanti all’Italia e alla Germania. Un calo del Psoe si tradurrebbe in un sostanziale ridimensionamento del gruppo già di per sé in crisi.
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