Lo zar
Vladimir Putin e la Chiesa: cosa rivela la morte di Alexei Navalny
La guerra tra Kiev e Mosca non si combatte solo sul campo di battaglia. Ma anche sul fronte religioso. In Ucraina coesistono Chiese diverse, ma il contrasto principale risiede all’interno dell’ortodossia. Oltre ai fedeli al patriarca di Mosca, che pure tendono a dichiararsi contro la guerra, esiste una Chiesa autocefala ucraina. La frattura risale all’epoca dell’indipendenza dall’Urss, riaperta nel 2018 con lo scisma. Di queste dinamiche e dell’intreccio tra politica e religione nel periodo post-sovietico parla il professor Stefano Caprio, docente alla Pontificia Università Orientale, sacerdote diocesano e massimo esperto di storia e teologia russa.
Il corpo di Navalny è stato consegnato dopo nove giorni alla madre. Dietro quale principio della Chiesa Ortodossa si cela questa mossa? Ha un significato?
«Il nono giorno per la Chiesa Ortodossa è quello in cui l’anima abbandona il corpo per andare in cielo. Non si è trattato di una scelta casuale, ma di una dimostrazione di rispetto verso le tradizioni ortodosse, pur in maniera estremamente controllata e limitata. Nel senso che non si capiva se sarebbero riusciti a fare il funerale e non venivano messe a disposizione le pompe funebri. Una volta approvata la cerimonia è arrivata una direttiva del patriarca di Mosca per velocizzare i tempi. Hanno impiegato quindici minuti per una funzione che di solito richiede più di un’ora. Sono state rispettate le tradizioni per evitare l’accusa di non ossequiare le tradizioni ortodosse».
Ai fini delle strategie interne cosa muta per Putin dopo l’assassinio di Navalny?
«Difficile dirlo ora. Quello che possiamo dedurre a un mese dalle elezioni è che non esiste più nessun tipo di opposizione. Finito il periodo di un certo tipo di democrazia, ne inizia uno totalitario. Adesso si teme per la vita di altri dissidenti in Russia. La morte di Navalny ha avuto un effetto forte su tante persone che lo ammiravano. Siamo alla radicalizzazione estrema del conflitto interno ed esterno».
Quindi questi crimini continueranno?
«È un modo per dire a tutti di non farsi illusioni: questa è la Russia di oggi, che non fa più finta di essere dentro alla democrazia pur autoritaria. Diventa un sistema totalitario a tutti gli effetti».
Che ruolo avrà il patriarca della Chiesa Russa Kirill in futuro?
«Kirill prima della guerra cercava di essere l’uomo del dialogo ecumenico da una parte e l’uomo dell’affermazione delle tradizioni dall’altra. Con il totale appoggio alle operazioni militari si è precluso ogni tipo di accettazione da parte delle altre chiese ortodosse prima ancora di quella cattolica, che con le sue politiche diplomatiche cerca di mantenere un minimo dialogo. Ma in campo ecumenico Kirill è totalmente squalificato, avendo dato la sua immagine in mano all’ideologia putiniana».
La guerra a che punto è?
«Il fronte è fermo con l’inverno e le difficoltà ucraine a mantenere il flusso di aiuti internazionali. La Russia punta a mantenere lo stato di guerra permanente in Ucraina.
La sua vera vittoria è proporsi come l’avversario dell’Occidente, alimentando focolai di guerra nel mondo: in Europa, in Medio Oriente, in Africa, anche in Sudamerica. Alla base c’è un argomento di propaganda che funziona anche in Italia: l’antiamericanismo. In Russia si può essere contro la guerra, ma prima si è contro l’America, considerata un nemico storico. Un altro argomento è l’antiglobalizzazione: l’idea che ci sia un mondo globale in cui tutti devono essere uguali. Questo suscita la reazione identitaria, sovranista, un po’ dappertutto, anche se Putin è stato uno dei primi».
Passiamo alla storia religiosa. Quando i giganti della dissidenza sovietica erano in grande fermento il patriarcato ricopriva un ruolo secondario. Perché?
«Negli anni ‘90 il patriarcato era in imbarazzo per il sostegno al governo sovietico, considerato l’unico modo per far sopravvivere la Chiesa. La prima fase della rinascita religiosa si è verificata quando la gente ha ricominciato a cercare delle risposte. A capo del patriarcato c’era Alexey II, eletto nel 1990 in un momento di passaggio prima della caduta dell’Urss. Il KGB appoggiava il metropolita di Kiev, Filaret Denysenko, che però arrivò terzo perché l’elezione di Alexey fu manovrata da Kirill, metropolita di Smolensk».
Kirill era coinvolto con il KGB?
«Kirill è cresciuto con il KGB, come tutti quelli menzionati. Allora per diventare vescovo era obbligatorio firmare per il KGB. Kirill è stato un grande sostenitore di Breznev, di Gorbaciov, di Eltsin, di Putin».
Adesso chi è il patriarca di Kiev?
«Filaret nel 1990 si offese perla mancata elezione a patriarca di Mosca. Così appoggiò l’indipendenza dell’Ucraina, autoproclamandosi patriarca della stessa nel 1992. L’episcopato ucraino fece richiesta ufficiale a Mosca per ottenere l’autocefalia. Mosca rifiutò. La gran parte degli ortodossi ucraini non volle staccarsi e Filaret non venne riconosciuto da nessuno. La situazione si sbloccò nel 2018, quando il presidente ucraino Poroshenko chiese al patriarca di Costantinopoli l’autocefalia della Chiesa ucraina, ottenendola a inizio 2019. Patriarca divenne il segretario di Filaret, il metropolita Epifanij Dumenko, tuttora in carica».
Qual è la situazione delle Chiese d’Ucraina?
«La Chiesa autocefala d’Ucraina è promossa dallo Stato e ha circa 6mila parrocchie. La Chiesa fedele a Mosca è maggioritaria con 12mila parrocchie, anche perché Kirill le ha frazionate per aumentarne il numero. Da quando è iniziata la guerra ha comunque scelto di protestare contro l’invasione e l’anno scorso ha dichiarato la propria autonomia. Ma le 12mila parrocchie vengono gestite con grande difformità. Una dinamica presente anche nelle famiglie, dove per esempio il padre potrebbe essere filorusso, la madre filoucraina e il figlio cattolico. Esiste infatti una terza Chiesa greco-cattolica, più occidentale, ma con la stessa tradizione degli ortodossi. Le tre chiese presentano molte similitudini. Cambia principalmente chi ricordano nella messa: i greco-cattolici Papa Francesco, gli autocefali il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, i filorussi il patriarca Kirill, anche se non tutti. Talvolta non ricordano nessuno per evitare compromessi».
Che influenza ha avuto Kirill nel portare alla guerra in Ucraina?
«Difficile rispondere. Kirill negli anni ‘90 fornì a Putin l’ideologia. Nel 2000 venne approvato il documento sulla dottrina sociale della Chiesa ortodossa, preparato da Kirill, che è il programma politico di Putin».
Che educazione religiosa ha ricevuto Putin?
«Putin si è convertito all’ortodossia a fine anni ‘90. Il suo padre spirituale è stato Tichon, un giovane sacerdote attualmente metropolita di Pskov, che lo ha convinto che l’ortodossia religiosa non fosse contro l’ideologia sovietica e che quest’ultima sbagliasse sull’ateismo».
Che ruolo ha avuto il Cristianesimo nella storia della dissidenza?
«Il dissenso religioso è nato nel periodo di Chruscev. Paradossalmente, Lenin aveva chiuso la Chiesa e Stalin la riaprì, unendo l’ideologia comunista con la religione e creando quello che chiamiamo il culto della personalità. All’inizio la Chiesa gli servì per sostenere lo spirito patriottico contro i nazisti, in seguito per incensare la sua personalità utilizzando la religione come strumento per appoggiare il potere sovietico. Putin più di tutti si ispira a Stalin in questo».
Come vivono i giovani la religione in Russia?
«Negli anni ‘90 il desiderio di rinascita religiosa era molto vivo dopo settant’anni di ateismo. Fu approvata una legge, scritta da Kirill e presentata alla Duma dal Partito Comunista, che poneva l’ortodossia al di sopra delle altre religioni come l’unica appartenente alla tradizione della Russia. Dalla rinascita religiosa si passò a quella politico-ecclesiastica di una religione conformista. La gioventù si allontanò perché imporre una religione di Stato non ottenne il successo sperato. Mentre per la popolazione meno giovane la Chiesa colmò il vuoto della copertura ideologica venuta a mancare dopo la scomparsa del Partito Comunista».