Russia, raffica di blackout sulla rete: c'è dietro "Internet sovrano"?
In Russia, alla fine di gennaio, si sono verificate massicce interruzioni di Internet che, secondo gli analisti, potrebbero essere il segnale degli sforzi di Mosca per stabilire il suo sistema di "Internet sovrano" anche in vista del delicato appuntamento delle presidenziali di marzo.
Il 30 gennaio, gli utenti Internet di tutto il Paese e all’estero non sono stati in grado di accedere ai siti con il dominio ".ru" per ore. Il blackout ha interessato centinaia di applicazioni su mobile e siti web. Radio Svoboda ha citato esperti che affermano che l’interruzione è stata probabilmente la più grande della storia recente. Pochi giorni fa, i media russi avevano riportato interruzioni localizzate nelle regioni russe di Leningrado, Pskov e Novgorod.
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L'Institute for the Study of War (Isw), un think tank con sede a Washington, ha affermato che diverse importanti aziende di telecomunicazioni russe sono state colpite dal blackout. Da parte sua il ministero russo per lo Sviluppo del digitale e le comunicazioni ha attribuito l’interruzione a un problema tecnico. Mentre l'organizzazione russa anti-censura "Net Freedoms Project" e altri organi di opposizione hanno riferito che la Russia sta cercando di stabilire il suo sistema di "internet sovrano" e di disconnettere il Paese dalla rete globale.
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La legge di Mosca su "Internet sovrano" è entrata in vigore nel novembre 2019. Probabilmente verrà utilizzata per "aumentare la sorveglianza e la censura nello spazio informativo russo", ha aggiunto l’Isw. Gli analisti hanno affermato che il Cremlino ha "intensificato gli sforzi per consolidare il controllo sullo spazio informativo russo", in vista delle elezioni presidenziali di marzo. "Questi sforzi sostengono lo sviluppo del sistema Internet sovrano", ha affermato l’Isw nel suo rapporto. Cheburnet è il nome dato alla possibilità di isolare completamente il segmento russo di Internet. Un analogo completo di Cheburnet in questo senso è l’intranet nazionale nordcoreana Gwangmyeon, spiega il sito Meduza.