Venezuela, Maduro vince il referendum sulla Guyana: "Truppe al confine"
Altissima tensione in Sudamerica. I venezuelani hanno approvato, con il referendum indetto dal governo del presidente Nicolás Maduro, la rivendicazione della sovranità sul territorio Esequibo, regione ricca di risorse naturali contesa con la Guyana. Secondo il consiglio elettorale nazionale più di 10,5 milioni di elettori hanno votato ’sì’. Ai venezuelani è stato chiesto se erano favorevoli alla creazione di uno stato nel territorio conteso, garantendo la cittadinanza agli attuali e futuri residenti dell’area e rifiutando la giurisdizione della Corte Suprema delle Nazioni Unite per risolvere il disaccordo tra i due paesi.
"È stato un successo totale per il nostro Paese, per la nostra democrazia", ha dichiarato il presidente Nicolas Maduro ai sostenitori riuniti a Caracas dopo l’annuncio dei risultati, prima di evidenziare "il livello molto importante di partecipazione del popolo" al referendum. Georgetown difende un confine territoriale stabilito nel 1899 da un tribunale arbitrale a Parigi, quando la Guyana era ancora una colonia britannica. Caracas rivendica l’Accordo di Ginevra, firmato nel 1966 con il Regno Unito prima dell’indipendenza della Guyana, che pose le basi per una soluzione negoziata e annullò il trattato del 1899. La questione della sovranità è tornata di prepotente attualità nel 2015, quando il gigante statunitense Exxon Mobil ha annunciato la scoperta di giacimenti di petrolio nella zona marittima.
Nonostante la contrarietà del Venezuela, che in un primo tempo ammetteva la sola possibilità di un arbitrato bilaterale, il caso è dal 2018 nelle mani della Corte internazionale di giustizia (Cig). Respingendo una serie di obiezioni di Caracas, il tribunale Onu ha confermato di avere i titoli per decidere sulla contesa, avviando ora l’esame del merito. Ricco di preziose risorse naturali, il Territorio Esequibo è tornato al centro di un serrato braccio di ferro internazionale dopo il recente annuncio della Guyana di indire una nuova serie di aste petrolifere. Manovra che per Caracas - rimandando agli interessi nutriti dalla Exxon Mobil nella zona - è prova di una ingerenza diretta degli Stati Uniti. L’iniziativa referendaria aveva nei giorni scorsi acceso l’allarme su possibili minacce alla stabilità della regione. Timorosa che il referendum - pur meramente consultivo - potesse inficiare la soluzione pacifica del contenzioso, la Guyana aveva cercato di ottenerne la sospensione, ma la Corte internazionale di giustizia (Cig), chiamata a premere su Caracas, si è limitata ad invitare le parti a non prendere iniziative che possano aumentare la tensione. Nel frattempo, il governo del Brasile aveva disposto il rafforzamento del confine nord, segnalando sospetti movimenti militari del
Venezuela.