Hamas, scoop del Wsj: "Il piano per ucciderli tutti"
Raccogliendo indiscrezioni da ufficiali israeliani il Wall Street Journal scrive che il premier ebraico Benjamin Netanyahu ha già ordinato ai servizi di intelligence di preparare un piano di lungo periodo, che «potrebbe durare anni», volto ad eliminare tutti i capi di Hamas, teoricamente ovunque si trovino nel mondo. Il piano dovrebbe entrare nel vivo dopo la conclusione dell’attuale operazione militare in corso nella Striscia di Gaza e si focalizzerebbe soprattutto su Paesi, come Qatar, Libano, Turchia o Iran, vicini al movimento palestinese, ma anche su tutte quelle nazioni in cui le “teste dell'idra” dovessero trovare rifugio. Probabilmente anche quegli angoli di Sudamerica in cui la rete palestinese ha appoggi e interessi. Chiaro scopo è decapitare totalmente il movimento terrorista, impedendo che possa ricostituirsi in “santuari” all'estero anche dopo il suo eventuale annientamento sul territorio di Gaza.
L'idea circolava nelle alte sfere di Israele già dai primi giorni successivi al massacro di massa compiuto da Hamas il 7 ottobre. Una sorta di via libera è stato dato da Netanyahu il 22 novembre con una dichiarazione diffusa sui media, secondo cui: «Ho dato ordine al Mossad di agire contro i capi di Hamas ovunque si trovino nel mondo». Nelle stesse ore il ministro della Difesa Yoav Gallant aveva dichiarato: «I capi di Hamas sono morti che camminano, vivono un tempo preso in prestito e sono segnati. La lotta è globale, contro i terroristi a Gaza e quelli che prendono aerei costosi». Le indiscrezioni del WSJ aggiungono ulteriori dettagli, presentando il piano come una prosecuzione del conflitto: «I piani in evoluzione sono un'estensione della guerra di Israele a Gaza e un riflesso dell'intento di garantire che Hamas non sia mai più una minaccia». Gli anonimi ufficiali hanno rivelato al giornale americano che già nei primi giorni dopo il 7 ottobre s'era aperto un dibattito fra governo e intelligence israeliana sull’ipotesi di uccidere subito il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, e altri membri del suo ufficio politico che sono ospitati dal Qatar, ma che l’ipotesi era stata respinta per non compromettere la mediazione con Doha per la liberazione degli ostaggi. Il piano ricorda la storica “operazione Ira di Dio” degli anni Settanta, con cui il Mossad braccò e uccise in tutto il mondo i terroristi palestinesi di Settembre Nero che nel 1972 avevano ucciso gli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco.
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Ma le opinioni non sono concordi. Un ex-direttore del Mossad, Efraim Halevy, che guidò l’agenzia dal 1998 al 2002, ha commentato: «Inseguire ed eliminare tutti i capi di Hamas nel mondo, sembra un desiderio di rivincita, ma non un desiderio di un obbiettivo strategico». D’altro avviso è un ex-capo del servizio segreto militare Aman, il generale Amos Yadlin, in carica dal 2006 al 2010: «È il piano giusto, è ciò che richiede la giustizia. Tutti i capi di Hamas devono o essere assicurati alla giustizia, oppure eliminati».
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Se molti capi del movimento già abitano all'estero credendosi al sicuro, anche i comandanti attualmente presenti a Gaza, su tutti Yahay Sinwar e Mohamed Deif "menti" del massacro del 7 ottobre, potrebbero fuggire sotto mentite spoglie in altri paesi, se la Striscia dovesse essere totalmente espugnata. Per Israele non sarebbe una novità, ma la riconferma di una tradizione, dato che il Mossad ha squadre apposite, i cosiddetti nuclei “kidon”, ovvero “baionetta”, preposti alle eliminazioni mirate di nemici in ogni parte del mondo. Il WSJ ricorda, peraltro, che il giornalista israeliano Ronen Bergman, nel suo libro “Rise and Kill First”, ha quantificato in ben 2700 le operazioni da sicari attuate dal Mossad in oltre 70 anni di storia. Non tutte riuscite, come nel caso del tentato avvelenamento nel 1997 dell'allora capo dell'ufficio politico di Hamas, Khaled Meshal, che viveva ad Amman, in Giordania. Gli 007 ebraici gli spruzzarono una tossina in dose insufficiente e vennero arrestati dalla polizia giordana. Governava Israele l'allora giovane Netanyahu, al suo primo esecutivo. La memoria dello smacco di 26 anni fa, certo, darà mordente alla nuova campagna voluta dal premier, tanto più che Meshal resta fra i maggiori esponenti del gruppo terroristico.
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