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Israele, la denuncia alla Corte penale: una Norimberga anche per Hamas

Pieremilio Sammarco
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Le famiglie di nove vittime israeliane degli attacchi dello scorso 7 ottobre hanno adito la Corte penale internazionale per perseguire i capi di Hamas per i reati di genocidio e crimini di guerra e chiedendo nei loro confronti l’emissione di un mandato di arresto internazionale. La denuncia si basa sul fatto che le vittime erano tutte civili e sulla prova dei crimini commessi, ampiamente documentati dai video diffusi dalla stessa Hamas e che dunque non possono essere contestati. La denuncia fa riferimento alla Convenzione del 1948 per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio che viene definito come atto commesso con con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, attraverso l’uccisione o lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo.

GLI ABOMINI
Anche il trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro, come avvenuto il 7 ottobre, costituisce un atto qualificato come genocidio. Secondo quanto statuito dalla suddetta Convenzione, le persone accusate di genocidio sono processate dai tribunali competenti dello Stato nel cui territorio l’atto è stato commesso, o dalla Corte penale internazionale con riferimento a quegli Stati che ne abbiano riconosciuto la giurisdizione. Sia Israele che la Palestina hanno aderito allo Statuto di Roma del 1998 che ha, di fatto, istituito la Corte penale internazionale, riconoscendole dunque l’operato. Dinanzi alla Corte penale internazionale, con sede a L’Aja, dunque si svolgerà il processo pilota intentato dai familiari delle vittime israeliane contro i leader di Hamas. Questa Corte discende dal tribunale militare internazionale, noto per aver celebrato alla fine della seconda guerra mondiale il processo di Norimberga contro i vertici del nazismo tedesco.

 

 

I RAPPRESENTANTI
Oggi è impegnata per l’accertamento dei crimini contro l’umanità commessi in alcuni Stati centroafricani (Congo, Uganda, Darfur, Libia, Mali e Burundi). Sono diciotto i giudici che compongono questa Corte e sono scelti dagli Stati che hanno aderito alla Convenzione e sottoscritto lo Statuto di Roma. A rappresentare l’Italia vi è un solo componente, Rosario Salvatore Aitala, che in passato, nel nostro Paese, si è occupato di terrorismo e criminalità internazionale e di cooperazione tra Stati in materia penale. Vedremo se questo processo a carico dei leader di Hamas verrà celebrato nella sua interezza dalla Corte penale internazionale, giacché il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha pubblicamente dichiarato che «ogni membro di Hamas è un uomo morto».

*Professore di Diritto Comparato 

 

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