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Qatar, Al-Thani: l'emiro del doppio gioco, perché può decidere le sorti della guerra

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Il Qatar con due piedi in una scarpa. L'emiro Al-Thani prima riceve i complimenti della Casa Bianca, poi accoglie a braccia aperte a Doha il ministro degli Esteri iraniano, accusato di essere la mano dietro Hamas. Ma non solo, come ricordato da Domenico Quirico sulle colonne de La Stampa, il Qatar offre ospitalità immobiliare agli uffici "politici" dei jihadisti palestinesi, oltre a esserne lo sportello bancario, e nello stesso tempo mantenere rapporti con Israele. Per non parlare poi di chi lo imputa di elargire denaro a sigle come al Qaeda e Isis. Ed è sempre lui a ricevere il segretario di Stato americano Blinken, che lo riempie di elogi.

Il motivo è chiaro: chi, meglio dell'emiro, può parlare con tutti, terroristi israeliani ayatollah e la Casa Bianca, chi può telefonare ad Al Sisi, al principe saudita, a Khamenei, a Erdogan, a Biden e Abu Mazen? La posizione contraddittoria di Al-Thani, in un momento come questo, giova a tutti. E non è un caso che lo scandalo che scuote il parlamento europeo si chiami "qatargate". Così come non è stata una trovata da poco l'intuizione di creare al Jazeera, una televisione che è diventata il suo esercito, la sua diplomazia, esplicita e segreta.

 

 

Insomma, conclude Quirico, "il Qatar ha il segreto per sedurre noi occidentali: i vantaggi economici e la vernice, l'immagine. Per l'emiro il mondo è un universo acquistabile, un linguaggio che comprendiamo benissimo. Che cosa ci intenerisce, nel pestifero mondo islamico tra sopravvivenze feudali e profeti di palingenesi feroci, più di un Paese gestito paternamente come una azienda internazionale? Una ditta con pubblicità, comunicazione efficace, libero mercato, campagne pubblicitarie, che organizza elezioni dove sono candidate anche le donne". Peccato però che nessuna venga eletta. 

 

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