Medio Oriente, Roberto Formigoni: le piazze sono sul punto di scoppiare
È una grande tragedia la guerra esplosa tra Israele e Hamas. Ma è anche un intrico di contraddizioni che rendono estremamente difficile ogni previsione sui futuri sviluppi. Israele ha la “necessità politica” assoluta di rispondere militarmente al terribile attacco, e alle stragi di civili compiute da Hamas. Per questo il presidente Netanyahu ha subito annunciato una vasta operazione militare in Gaza (cioè un’invasione) con l’obiettivo dichiarato di cancellare dalla faccia della terra Hamas. E ha richiamato 300mila riservisti e ammassato centinaia di carri armati ai confini di Gaza. Ma da più di una settimana i carri e i soldati sono fermi. Perché? La ragione prima è l’esistenza di ostaggi (si stima siano 199) catturati da Hamas e tenuti prigionieri chissà dove: in case private, in prigioni, in qualcuno dei tunnel e dei cunicoli che riempiono il sottosuolo.
Il timore è di colpire anche gli ostaggi se i carri entrano in Gaza. E la liberazione degli ostaggi è diventata il primo obiettivo per il governo: le famiglie e l’opinione pubblica israeliana non sopporterebbero un fallimento. La seconda ragione è la contrarietà degli Usa, primo alleato di Israele, ad una azione di terra: è venuto a Tel Aviv il presidente Biden in persona a ribadirlo. E poi c’è il pericolo di un allargamento del conflitto, che se avvenisse infiammerebbe totalmente il Medio Oriente: Usa e paesi sunniti lo vogliono scongiurare, Iran, Siria, Hezbollah sperano di coinvolgere tutte le opinioni pubbliche arabe e i loro governi. Hezbollah ha già lanciato missili dal Libano contro Israele, che ha prontamente risposto, e basi americane in Iraq e Siria sono state colpite da droni nemici, il rischio di un allargamento del conflitto è sempre più alto. Al momento gli Usa stanno facendo l’impossibile per tenere tutto sotto controllo, non hanno risposto agli attacchi e hanno infine convinto l’Egitto ad aprire il valico di Rafah, anche se solo per far passare aiuti umanitari. Il fattore da tenere sotto controllo è il rapporto tra la volontà di non intervento dei governi sunniti e la popolazione civile dei loro Paesi.
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Se la gente scendesse in piazza chiedendo un’azione contro Israele, i governi non potrebbero evitare una qualche sorta di intervento. E infine va capita quale è la strategia di Israele a questo punto: finora sono riusciti con interventi di precisione a eliminare cinque tra i più importanti capi di Hamas in Gaza, e a colpire e distruggere centinaia di obiettivi militari, ma Hamas rifiuta qualsiasi trattativa sugli ostaggi. L’operazione di terra coi carri, benché garantita da dichiarazioni quasi quotidiane, finora non parte. Come dicevo all’inizio, tutto può succedere ma fare previsioni è del tutto aleatorio.
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