Lucio Caracciolo: "Israele non è più il cane pazzo", la teoria sull'attacco di Hamas
La strage del 7 ottobre è l'11 settembre di Israele, il trauma in grado di riportare l'intero Paese alla psicosi della Shoah e soprattutto l'umiliazione militare che in poche ore ha polverizzato una delle dottrine più famose del Novecento.
La massima snocciolata da Moshe Dayan, "Dobbiamo essere percepiti dal nemico come un cane pazzo, troppo pericoloso per essere disturbato", di fatto la sintesi di ogni teoria della deterrenza, è stata cancellata dalle incursioni "rudimentali" di centinaia di terroristi di Hamas, che simultaneamente hanno approfittato delle impensabili debolezze del sistema difensivo di Tel Aviv spargendo sangue nei kibbutz, nei territori a ridosso della Striscia di Gaza, in un rave party nel deserto nel Negev.
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Da qui parte l'analisi di Lucio Caracciolo, direttore di Limes, su Repubblica. "Che cosa ne resta dopo la devastante sortita di Hamas da Gaza?", si chiede l'esperto di geopolitica. La reazione di Israele determinerà la stessa esistenza dello stato ebraico. "Hamas - spiega Caracciolo - ha lanciato il suo blitz perché convinto che questo Israele non è più pazzo e pericoloso come una volta" e questo potrebbe portare Netanyahu a spingere sull'acceleratore della rappresaglia durissima per "ristabilire la sua credibilità strategica".
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In questo clima di incertezza, resta qualche punto fermo. "Nessuna potenza poteva né può distruggere Israele senza distruggere sé stessa. La deterrenza atomica non dichiarata da Gerusalemme è nota a tutti, anzitutto ai suoi nemici effettivi o potenziali, tra cui spicca l’Iran". E c'è un paradosso: il regime di Teheran è molto più anti-israeliano della sua popolazione ("Radicalmente anti-araba e anti-sunnita, insensibile alla causa palestinese"). Bisogna poi contare sul fatto che il Mondo Arabo non è mai stato compatto, "e comunque nessuno si sogna di attaccare Israele. Molti invece vogliono stringerci intese economiche e geopolitiche, Arabia Saudita in testa".
La stessa idea di Palestina sembra sempre più un fantasma, che Hamas vuole usare per "essere riconosciuto da Israele e dal mondo unico rappresentante legittimo" dello Stato-non Stato. Per Israele, però, il problema potrebbe sorgere dal fatto che il suo grande protettore, gli Stati Uniti, oggi sembra incerto e debole. E questo "induce Russia, Cina ma anche potenze minori" a una sfida senza precedenti. Tutto questo, sentenzia Caracciolo, "stabilisce che solo Israele può distruggere Israele" e perciò "Hamas vuole accompagnarlo alla tomba spingendolo ad atti suicidi.". Per esempio, spingendolo nella "gabbia di Gaza, costringendolo a combattere in uno stretto spazio urbano la guerra che ha sempre voluto evitare: lunga, sanguinosa, ideale per la guerriglia. Estendibile su vari fronti. Compresa la diaspora ebraica esposta all’antisemitismo ricrescente".
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"Se le truppe israeliane entreranno a Gaza per combattervi una battaglia vicolo per vicolo, rovina per rovina, sarà un massacro di civili (e di ostaggi), stremati dall’assedio. In caso di sconfitta, Israele ne sarebbe sconvolto. In caso di vittoria, i casi sono due: o restarci e governare altri due milioni di palestinesi oppure cacciarli — ma dove?". Viceversa, conclude Caracciolo, non assediare e "prendere" Gaza regalerà all'opinione pubblica interna e internazionale l'inedita immagine di un Israele disarmato, incapace di reagire e di difendersi. In attesa di una terza via, il governo di Netanyahu dovrà scegliere non l'opzione migliore, ma la meno rovinosa.