Gaza, "ecco chi finanzia i terroristi di Hamas": l'appello di Pacifici a Meloni
«Basta soldi ad Hamas». La Comunità ebraica romana – pur sconvolta dagli attacchi e dai rapimenti di civili di massa – anticipa la linea dura di chi vorrebbe continuare a foraggiare finanziariamente il fronte del terrorismo palestinese. Giusto ieri la presidente della commissione per la difesa del Bundestag tedesco, Marie-Agnes Strack-Zimmermann, ha chiesto proprio una revisione degli aiuti finanziari destinati ai palestinesi (l’ipotesi è tagliare circa 500 milioni di fondi) in seguito all’attacco islamista palestinese di Hamas contro Israele. L’attacco di Hamas contro i civili deve essere, ha detto Strack-Zimmermann, «un’occasione per analizzare tutti i fondi di aiuto della Germania, dell’Ue e dell’Onu destinati alla Striscia di Gaza» e di «come vengono utilizzati».
Recidere il cordone ombelicale dei finanziamenti che per anni hanno sostenuto la guerra contro Israele è fondamentale per cambiare. Ricordiamo che l’Italia (come certifica la piattaforma governativa Open Aid) è uno dei principali donatori della Palestina con circa 450 milioni fin dalla metà degli anni ’80. «Faccio appello alle autorità italiane di governo ed opposizione» scandisce Riccardo Pacifici vicepresidente dell’European Jewish Association, già portavoce della Comunità ebraica romana, «oggi più che mai unite nell’esprimere la loro solidarietà ad Israele nel suo diritto a difendersi dal brutale attacco, di pretendere dalla autorità di Hamas di far vedere tutti gli ostaggi israeliani e non, alla Croce Rossa Internazionale e che possa sincerarsi loro stato di salute. Lo chiedo alla nostra presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, di far sì che l’Italia pretenda la liberazione degli ostaggi civili. L’Italia ha il dovere di pretendere dalle nazioni alleate di Hamas, Iran, Qatar, Libano di tagliare i ponti e le relazioni con nazioni canaglie che finanziano Hamas ed Hezbollah ed oggi colpiscono gli israeliani in quanto ebrei ma che odiano le nostre democrazie dell’Occidente che considerano nella loro dottrina fanatica, “Crociati“ da cancellare e annientare in Medio Oriente ed in Europa. La chiusura dell’ufficio d’interessi dell’Anp a Roma diventa una priorità finché loro non prenderanno le distanze da questa carneficina e non collaboreranno per la liberazione degli ostaggi civili» taglia corto Pacifici.
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A Roma l’attacco contro Israele coincide tragicamente, secondo il calendario ebraico, con l’attentato alla sinagoga di Roma (9 ottobre 1982 per il calendario gregoriano). Con la morte del piccolo Stefano Gaj Taché e il ferimento di altre 37 persone. Eventi tragici che rimangono impressi nei ricordi della comunità romana. É un lutto collettivo quello che si vive tra via Arenula e il Tempio Maggiore. Camionette, servizi di controllo di carabinieri, polizia, tre auto della Guardia di Finanza schierate nell’isola pedonale del quartiere ebraico raccontano un aumento del livello di controllo del territorio. «Vi chiediamo il rispetto delle nostra festività. Siamo tutti ancora molto scioccati». Si respira un’atmosfera sospesa tra la fine della festività di Sukkot (che secondo il calendario ebraico terminava ieri alle 19.24), e la tradizionale rilassatezza della domenica romana.
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La piccola comunità ortodossa romana vive di informazioni riportate. «Lo spirito ebraico è di celebrare la fine della festività tradizionale» spiega Sara Tagliacozzo che con i figli Valentina e Jacopo raggiungono Piazza delle Cinque Scole per celebrare la fine di Sukkot. David Heiden, ebreo americano di San Francisco, è in Italia per celebrare i 70 anni con la moglie: «Siamo devastati, con il cuore in frantumi. Siamo vittime della rabbia e dell’ira dei palestinesi contro una popolazione di civili. Questo attacco deve togliere l’alibi di chi continua a voler sostenere il terrorismo».
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