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Putin "ha tradito Prigozhin, ora è nei guai": cosa c'entra la mafia russa

Maurizio Stefanini
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Il caso Prigozhin: ne parliamo con Nona Mikhelidze, tra i più noti commentatori di temi relativi alla ex Unione sovietica alle televisioni italiane, di origine georgiana, è responsabile di ricerca dell’Istituto Affari Internazionali, per cui ha diretto il Programma Eurasia. «A me non appassiona per niente sapere se Priogozhin sia stato abbattuto dalla contraerea, o quale sia stata la esatta modalità dell’omicidio. Credo che sia assolutamente inutile ragionarci sopra, così come trovo inutili tutte quelle teorie complottiste per cui potrebbe essere addirittura una messa in scena e lui in realtà è vivo. Secondo me, è molto più interessante ragionare sul fenomeno di Prigozhin, perché un conto è se Prigozhin muore per davvero o per finta come persona; un altro se il fenomeno Prigozhin continua a vivere dentro la élite russa e le forze armate russe. Il prigozhinismo è un movimento di gente che è scontenta di come va la guerra, anche se poi ha due risvolti diversi. Una parte di loro, infatti, chiedono una guerra totale, con la punizione dei corrotti e il pronto passaggio a una economia di guerra. Altri invece sono ormai consapevoli che con questa guerra non si va da nessuna parte se non verso il disastro».

Un’opposizione politica?
«No, non è che sono in cerca di democrazia, ma vogliono fermare la guerra: se non con un completo ritiro russo dal conflitto, almeno con un conflitto congelato magari sullo status pre-24 febbraio, dove la Russia aveva solo Crimea, Donetsk e Luhansk. Un congelamento sulle posizioni attuali piacerebbe anche a Putin, perché gli permtterebbe di mantenere cinque regioni».

Anche commentatori che prima della guerra ritenevano Putin un leader che agiva secondo logiche da statista, per quanto machiavellico, dopo il caso Prigozhin convengono ormai che ci troviamo di fronte a una logica da boss mafioso.
«Io però ho la sensazione che quando si parla della mafia soprattutto in Italia ci sia una percezione della mentalità mafiosa italiana. Non è del tutto identica alla logica della mafia russa dei vor v zakone».

I “ladri nella legge”.
«Esatto. La mentalità mafiosa italiana credo sia basi sul primato del boss. Il sistema russo sul rispetto di certe regole e accordi. Nell’immediato Putin si è rafforzato, per il messaggio spettacolare che ha mandato. Putin aveva la possibilità di mandare Prigozhin in carcere: non scappava da nessuna parte, e magari poi regolavano i conti lì. Qualcuno lo ammazzava dentro.
Anche se sappiamo che la giustizia è completamente controllata dal Cremlino, per lo meno sarebbe stata una risposta “legale” a un tentativo di vero e proprio colpo di stato. Invece si è deciso, in stile appunto tipico della mafia russa, di fare quella che viene chiamata razborka».

Letteralmente: “smontaggio”, “smistamento”. Il dizionario della mafia russa lo traduce in effetti come “regolamento di conti”.
«Sì, nello stile italiano mafioso è importante affermare chi è il boss. Il governo dei vor v zakone è molto più orizzontale e meno verticale, e nella razborka quello che conta è la decisione che si prende, che diventerà quasi sacra. In questa chiave, Putin era il garante dell'equilibrio dentro questo sistema basato sulla parola data. Adesso in molti si meravigliano: ma Prigozhin era stupido? Come mai noi avevamo capito che era un cadavere che camminava e lui no?».

Appunto. Perché?
«Lui era parte di quel sistema che funzionava in quel modo, e la razborka due mesi fa aveva deciso che lui appunto doveva essere perdonato. Non è stato mandato in carcere nonostante il fatto che Putin fosse andato in tv per dire che lui era un traditore; senza dirne il cognome, ma era chiaro che parlava di lui. Ha detto che i traditori dovevano pagare il prezzo, è stato aperto ufficialmente il processo penale, due giorni dopo attraverso questa razborka hanno deciso diversamente, e lo Stato si è tirato indietro. Insomma, ha chiuso il caso penale e ha perdonato uno che ha appunto tentato un colpo di Stato, in un Paese dove c'è gente che è condannata a 25 anni per un post su Internet. Prigozhin sulla base di quelle regole del gioco si è fidato della parola data. Ma Putin non la ha mantenuta. A questo punto nella élite russa si impone il problema di come sopravvivere in un sistema dove le vecchie regole non valgono più».

Cioè, Putin sta passando da un sistema di mafia alla russa basato sulla parola data a un sistema di mafia all’italiana basato sul potere del boss?
«Non voglio fare previsioni. Quello su cui dobbiamo riflettere è tutto il dibattito sui negoziati con Putin. C’era un regime dove la parola data era una regola assoluta per far reggere un sistema di tipo mafioso, e dove però questa parola non è stata mantenuta. Figuriamoci se verrebbe mantenuto un qualsiasi accordo scritto firmato con l’Ucraina».

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