Gerald Darmanin, lui al posto di Macron: "Ha dietro Sarkozy"
Gérald Darmanin ha molti soprannomi perfidi negli ambienti parigini, ma quello che oggi sembra calzare più di tutti è “Iznogud”, dal nome del personaggio dei fumetti creato da René Goscinny e Jean Tabary, il gran visir del califfato di Baghdad, che è benvoluto dal suo califfo, Haroun El Poussah, ma ha un solo sogno: sostituirlo. Non si nasconde più il ministro dell’Interno: vuole l’Eliseo, essere il prossimo “califfo” al posto di Emmanuel Macron, che nel 2027 non potrà più ricandidarsi alla presidenza della Repubblica per sopraggiunti limiti di mandato.
«Ciò che mi interessa non è più guardare ciò che è accaduto nel 2017 e nel 2022. Ciò che mi preoccupa ora è ciò che accadrà nel 2027», ha dichiarato Darmanin la scorsa settimana al Figaro, prima di aggiungere: «Non dobbiamo consegnare il nostro futuro nelle mani della tecnica e dei tecnici utilizzando parole che i francesi non sempre capiscono. Dobbiamo parlare con il cuore, non con le statistiche». Parla già da presidenziabile il più giovane ministro dell’Interno della storia della Quinta Repubblica, che ha collezionato più figuracce che successi in questi sei anni al governo, dove ha avuto anche la delega ai Conti pubblici, ma che ha il sostegno dell’inquilino dell’Eliseo in vista del 2027 e di colui che è stato e continua a esse re il suo padrino, mentore e consigliere: Nicolas Sarkozy. Proprio quest’ultimo, quasi a tirare la volata al suo giovane pupillo, ha dedicato parole al miele a Darmanin nel suo ultimo libro, “Le temps des combats” (in uscita il prossimo 22 agosto), incoronandolo come perfetto successore di Macron. «Saprà fare l’ultimo passo, quello che porta alle presidenziali? Glielo auguro», ha scritto l’ex presidente gollista, prima di enumerare le «qualità evidenti», così le definisce, dell’attuale ministro dell’Interno: «Chiarezza nell’esprimersi, il senso e la comprensione delle aspirazioni popolari, e l’energia senza cui nessun talento è utile». Di Darmanin, nato a Valenciennes (Nord), Sarkozy apprezza il percorso atipico, l’essersi fatto da solo, le origini modeste (padre gestore di bistrot e madre donna delle pulizie) e vede in lui «uno dei quarantenni più promettenti». «Siamo amici e il suo successo mi farebbe piacere», ha aggiunto Sarkò.
AMICO E PROTETTO
Avvicinatosi al Raggruppamento per la Repubblica di Jacques Chirac a soli 16 anni, influenzato dal pensiero dell’allora presidente del partito Philippe Séguin, Darmanin, prima di abbracciare il macronismo, scala progressivamente le gerarchie del gollismo, diventando nel 2016 il direttore della campagna di Sarkozy durante le primarie di Républicains poi vinte da François Fillon. Come Sarkozy, Darmanin ha i modi ruvidi e svelti, è iperattivo e onnipresente, utilizza il linguaggio delle classi popolari e soffia sulla retorica securitaria. Ma ha anche la provocazione facile e il parlare “cash”, fin troppo, come si è visto durante gli attacchi al presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, sui dossier Ocean Viking e immigrazione. Come Sarkozy, che non superò mai il fatto di essere stato uno degli avvocati di Berlusconi, dunque un dipendente dell’ex premier italiano, ha inoltre un complesso verso l’Italia e la vorrebbe appiattita sulle posizioni francesi.
I due si sono visti anche quest’estate, stando a quanto riportato dalla stampa parigina, e secondo molti osservatori la candidatura di Darmanin sarebbe figlia di un’intesa tra Macron e Sarkozy. «C’è un patto di lealtà di Darmanin nei confronti di Macron, è fedele alla mano che lo nutre e sta bene nella macronia», ha detto di recente un fedelissimo del ministro dell’Interno. L’uno necessita dell’altro, insomma. Perché se è vero che Darmanin ha indubbiamente bisogno di Macron per le presidenziali del 2027, è vero anche che il presidente della Repubblica considera il suo ministro dell’Interno, per il suo passato e i suoi legami gollisti, l’unico che può creare un ponte politico tra Renaissance e Républicains in vista delle prossime scadenze elettorali (si vocifera di una lista unica alle prossime europee tra macronisti e gollisti).
IL 27 AGOSTO
Ma anche per questioni di politica interna, visto che non ha la maggioranza all’Assemblea nazionale. In un’inchiesta di alcune settimane fa, Libération scriveva che Darmanin «non è ossessionato dall’Eliseo», che è «troppo presto per quella guerra, a tal punto da permettersi di sognare a voce alta di aprire un bar a Siena, in Italia». Ma intanto, ha convocato per il 27 agosto a Tourcoing, il suo feudo elettorale, una “grande rentrée politica”, secondo le parole dei suoi fedelissimi. Il primo passo verso la candidatura all’Eliseo.