Il comunismo? Ha solo cambiato forma: il libro nero della nuova sinistra
Il fatto che Il libro nero della nuova sinistra (Eclettica, pp.280, euro 17) richiami solo nel nome il noto Libro nero del comunismo pubblicato nel 1997 da diversi ricercatori del CNRS francese con lo scopo di documentare i crimini e gli abusi compiuti dai regimi comunisti che hanno portato alla morte di 85 milioni di persone, non deve rassicurare più di tanto. Perché gli autori argentini, Nicolás Márquez e Agustín Laje, non ripercorrono altre dolorose storie di politiche sadiche e genocide o repressioni politiche violente, ma tuttavia si concentrano su nuovi e non certo meno pericolosi terreni ideologici sui quali viene combattuta la battaglia rossa contro “il capitalismo”, “la borghesia” e “lo sfruttamento”.
Tutto parte, secondo gli studiosi che inaugurano la collana di Eclettica dedicata al Sud America, dal crollo dell’Unione Sovietica. Con lei, il marxismo-leninismo non si è affatto dissolto e la storia non è affatto finita. Anzi. Senza un riferimento pratico contro cui misurarsi, l’Occidente ha erroneamente trascurato le nuove forme del comunismo, quelle tradotte nelle battaglie ultraprogressiste portate avanti “dall’interno” di un sistema che invece l’Urss puntava a distruggere “dall’esterno”.
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LA SOSTITUZIONE Di fronte all’assenza del contenimento sovietico e alla conseguente necessità di riempire un vuoto, le strutture di sinistra di mezzo mondo si sono ingegnate nella fabbricazione di Ong e contenitori simili, capaci di diffondere il messaggio sotto mentite spoglie, catalizzando molto meglio non solo il proprio libretto, ma anche la propria militanza, i propri standard, i propri clienti e le proprie risorse finanziarie. Così, agli albori dell’ultimo decennio del XX secolo, un’infinità di dirigenti, scrittori, gruppi giovanili, e organizzazioni varie rimasero sparpagliate, senza il supporto discorsivo e senza una rivoluzione da difendere o glorificare, e per tale ragione queste correnti hanno avvertito la necessità di truccarsi e incolonnarsi dietro a nuovi argomenti e bandierine che ossigenassero i loro avviliti e screditati slogan. Silenziosamente, la sinistra rimpiazzò così i progetti guerriglieri con le schede elettorali, soppiantò il suo discorso classista con aforismi egualitari che occuparono un vasto territorio culturale, smise di reclutare “operai sfruttati” e cominciò a catturare anime tormentate o marginali al fine di programmarle e lanciarle alla provocazione di conflitti dall’aspetto nobile. I quali, prima facie, poco o nulla avrebbero avuto a che vedere con lo stalinismo e neppure con il terrorismo sovversivo, ma solo con nuovi concetti all’apparenza pacifici e condivisibili da tutti come “l’inclusione” e “l’uguaglianza” tra gli uomini. Ben presto, le società occidentali si sono accorte che quelle parole d’ordine sarebbero valse solo per “alcuni” uomini: i migranti, gli ambientalisti, i lottatori per i diritti civili solo di alcuni, gli abolizionisti ma solo di capisaldi tradizionali come il diritto alla vita, i sostenitori dell’ideologia di genere (quest’ultima a sua volta distinta in femminismo, pro-aborto e omosessualità culturale), su cui gli autori si concentrano in quest’opera che promette di essere la prima di una serie di approfondimenti dedicati a tutte le nuove forme della lotta proletaria.
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L’obiettivo dell’abolizione della famiglia e della proprietà privata di marxsiana memoria sono stati mantenuti. Il fine è sempre lo stesso, semplicemente è cambiata la forma. Come accade ad esempio con l’ordofemminismo, che col pretesto di tutelare la donna dall'uomo padre-padrone ha trasformato le relazioni in un campo di lotta e d’odio permanente. Di pari passo, procede la questione della natalità, volta non già a comprimere le nascite ma pure a esercitare controllo sui figli. Celebri gli esempi di procedimenti al limite dell'”esproprio proletario” della prole (esempio: Bibbiano) perché lo Stato dovrebbe considerare i nascituri una sua proprietà, così da poter effettuare meglio una formattazione ideologica e sociale sulle future generazioni. Per spiegare non solo l’assurdità di fondo delle istante, ma anche le sue pericolose derive, gli autori citano ad esempio opere e idee di pensatrici femministe radicali come Shulamith Firestone, Simone De Beauvoir, Kate Millet, Zillah Eisenstein, femministe radicali, che arrivano ad organizzare la propria architettura rivoluzionaria riscrivendo i canoni di morale, di famiglia, di vita di coppia.
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CAMBIARE REGISTRO A fare da minimo comune denominatore, il rapporto con la sessualità e la nascita di pratiche eccessive note come “porno terrorismo”, un nuovo uso dei piaceri della carne volto a riprogrammare i desideri sessuali in chiave da un lato fluida (per distruggere qualsiasi impianto, compresa la gelosia, anche solo vagamente simile all’esclusività dei rapporti vista come forma di “proprietà privata”) e dall’altro traumatica, benedicendo la comparsa di pratiche estreme e finanche violente, purché “paritarie” quando non esercitate, preferibilmente, dalla donna sull'uomo. Il tutto, per contribuire alla distruzione della sovrastruttura familiare e matrimoniale eterosessuale che teoricamente contribuirebbe alla riproduzione del “sistema capitalista”. Infine, la comparsa dell’ideologia del gender come piano di costruzione di una guerra che prima era tra uomini e donne, poi è diventata tra eterosessuali e omosessuali, ora è giunta all’idea che nemmeno il sesso in quanto tale esiste e, ancor più, non dovrebbe più esistere l’identità. Un quadro davvero inquietante, quello tracciato dagli autori che, per chiarezza, hanno estrazione politica liberale e non sono certo dei pericolosi neonazisti. In un certo senso, però, è pure un volume che, ammonendo le destre e i moderati per via della loro colpevole distrazione, quando non sudditanza, cerca di lanciare un disperato appello a cambiare registro. Alla svelta.
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