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Spagna, scatta "l'effetto Tremaglia" su Sanchez: cosa sta succedendo

Maurizio Stefanini
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La Spagna appesa al voto all'estero. In Italia furono le elezioni del 2006 in cui il centro-destra al Senato prese 155 seggi contro 154 del centro-sinistra che però passò in vantaggio con 158 contro 156 grazie alla Circoscrizione Esteri: ironicamente, istituita proprio per la battaglia indefessa di un esponente del centro-destra come Mirko Tremaglia. Su 2.327.388 iscritti al Censo Electoral de Españoles Residentes en el Extranjero (Cera), hanno votato solo 233.688: appena lo 10,04%. Ma potrebbero determinare fino a 9 seggi, e già ne hanno fatto passare uno dai popolari ai socialisti nella provincia di Madrid, per cui da 136 contro 122 si è andati a 137 contro 121.

Ma a questo punto diventa ancora più importante il ruolo del Partito Nazionalista Basco (Pnv) e di Junts di Carles Puigdemont. Sánchez, in particolare, avrebbe bisogno di tutti i voti non solo del centro-destra basco del Pnv (5) e del centro-destra catalano separatista di Junts (7), ma anche della Sinistra Repubblicana di Catalogna (Erc, 7) e della sinistra basca di Bildu (6). Con i 31 di Sumar, si arriverebbe a 177, con maggioranza assoluta a 176. Con 33 di Vox, uno della Coalizione Canaria e uno della Unione del Popolo Navarrino, l'astensione di Junts porterebbe la sinistra a 171 contro 172, mentre prima di questo cambio stava a 172 contro 171. Sarebbe 172 contro 172 con il seggio del Blocco Nazionalista Gallego, che finora si chiamava fuori.

 


L’Erc ha annunciato che consulterà la base per un “eventuale” accordo con Sánchez, Bildu ha già avviato colloqui con i socialisti e il Pnv ha già convocato il presidente ad interim per negoziare dopo aver bocciato il Pp. Ma il partito di Puigdemont appare come il più complicato da smuovere. Ovviamente, se il seguito del conteggio continua a spostare seggi, anche questi calcoli potrebbero saltare. Il coordinatore generale del Pp, Elías Bendodo, vede possibile «convincere la maggioranza dei gruppi» in Parlamento a sostenere l'investitura di Feijóo e non rompere con la «storia democratica» della Spagna, dove in 45 anni è sempre diventato primo ministro il leader del partito arrivato primo alle elezioni.

 

 

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