Stanislav Rzhitsky, l'ex sommergibilista russo ammazzato: sospetti al Cremlino
Gli ha sparato quattro colpi di pistola al petto e alla schiena e poi si è dileguato indisturbato per le vie di Krasnodar, nella Russia meridionale. Sull'asfalto con il cadavere di Stanislav Rzhitsky, ex comandante di un sottomarino russo della Flotta del Mar Nero di 42 anni, è rimasta anche l'ombra della vendetta ucraina. Ne sono convinte le autorità russe che hanno immediatamente aperto un'inchiesta: non si tratta infatti di una rapina visto che a terra sono rimasti un orologio digitale e un paio di cuffie. L'azione sembra sia stata pianificata nel dettaglio. Probabilmente il killer sapeva dove poteva colpire, si legge sul Corriere, dal momento che l’agguato è avvenuto in un’area senza telecamere di sicurezza.
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Dietro al delitto del sommergibilista può esserci di tutto, ma la pista di un’azione mirata è rinforzata dal profilo dell’ufficiale. Il suo nome era infatti stato inserito in una lista di esponenti militari russi accusati di crimini di guerra perché per un lungo periodo è stato alla guida dell’unità schierata da Mosca nelle operazioni contro l’Ucraina da dove sono stati lanciati numerosi missili da crociera Kalibr diretti verso le città nemiche: molte le vittime tra i civili, ingenti i danni alle infrastrutture. Rzhitsky avrebbe partecipato anche allo strike missilistico su Vinnytsya, nel luglio del 2022, che causò 23 morti, compresi tre bambini. E dunque per questo sarebbe diventato un obiettivo legittimo per gli ucraini, decisi a rispondere all’aggressione perseguendo i responsabili di atrocità.
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Ma non c’è alcuna prova che l’eliminazione del sommergibilista sia da attribuire con certezza agli uomini di Kyrylo Budanov oppure a dei "partigiani" interni. Tuttavia puntualizza il Corriere è uno scenario da considerare: l'esecuzione è avvenuta nell’anniversario della strage di Vinnysya e ricorda quanto è avvenuto nei mesi scorsi con gli omicidi "eccellenti" all’interno dei confini della Russia: la bomba sotto l’auto della figlia di Dugin, la statuina esplosiva per colpire il blogger estremista Vladen Tatarsky e poi gesti spettacolari come il camion-bomba sul ponte di Kerch, un sabotaggio rivendicato ufficialmente solo pochi giorni fa.
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