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Gerald Darmanin, il damerino che ci insultava si dimostra un incapace

Pietro Senaldi
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Per dirla alla francese, Emmanuel Macron e il suo ministro dell’Interno, Gerald Darmanin, sono «incapaci di risolvere i problemi migratori». L’accusa che il damerino del presidente fece alla Meloni dopo un naufragio di migranti clandestini gli si ritorce contro nel giro di poche settimane. La Francia brucia da mesi, la rabbia sociale è scesa in piazza dopo la riforma delle pensioni fatta passare dall’Eliseo aggirando il Parlamento. L’assassinio di un diciassettenne francese di origine extracomunitaria da parte della polizia ha mischiato lo scontento economico a quello etnico della comunità islamica che Parigi non ha saputo integrare. Quello degli agenti transalpini non è stato un incidente, ma un atto di violenza gratuita, una manifestazione di disintegrazione sociale.


Darmanin ci accusava di non sapere gestire l’emergenza degli immigrati che si imbarcano illegalmente dalla Tunisia, un problema che in realtà dovrebbe riguardare tutta Europa. Il monsieur farebbe bene a guardarsi di più in casa, visto che è incapace di gestire gli immigrati che sono in Francia da due o tre generazioni ormai e che hanno tutti il passaporto transalpino. Lezione di stile, dall’Italia oggi nessuno fa notare all’Eliseo quanto siano state inopportune le parole del damerino di Macron. D’altronde, sappiamo che il governo francese le pronunciò per attaccare la Le Pen più che la Meloni e il centrodestra nostrano oggi è in salute, ha un’opposizione che non spaventa e non ha bisogno di distrarre l’opinione pubblica sottolineando come il modello francese, quello che da vent’anni raduna tutti contro la destra, sia fallito.

 


INCAPACI DI CAMBIARE
È questa la maledizione transalpina, avere una costruzione istituzionale ferma alla Quinta Repubblica, a De Gaulle, incapace di cambiare sistema con l’evolversi dei tempi, bloccata dalla paura e che ha generato una protesta sociale basculante tra la destra quasi estrema dell’ex Front National e una sinistra folle e disperante, incarnata da Mélenchon, una via di mezzo tra un Bertinotti senza classe e un Cossutta senza visione. La Francia sconta di non aver avuto un Berlusconi ma solo dei tentativi ridicoli di imitazione, a partire da Sarkozy. E sconta anche di non aver avuto delle istituzioni in grado di assorbire e mandare al governo forze sovraniste e populiste, per poi scoprire che sono profondamente democratiche; magari anche più del partito di Macron. Il sistema mediatico progressista italiano continua a massacrarci riportando i giudizi negativi dei francesi verso la nostra destra e non si rende conto che la Francia è stata, e non è più, un modello negativo da non imitare, uno statalismo dirigista non al passo con i tempi, che vive di rendita e della prepotenza che riesce a esercitare sugli altri Stati europei attraverso la Ue e grazie al rapporto privilegiato con la Germania.

 

 

Ora che Berlino è in crisi, Parigi è senza soluzioni. Il centrodestra non c’è, i socialisti sono spariti, Macron è un sindaco da ztl che va ai concerti di Elton John mentre la sua gente è in piazza. Oltre le Alpi abbiamo l’esempio di come è fallita la società multietnica che la sinistra italiana descriveva ricca di risorse, quasi salvifica per il Paese, e che invece, come dimostrano gli Stati Uniti, finisce sempre a pistolettate contro gli emarginati. Abbiamo anche l’esempio di dove porta la conservazione di un modello sociale che andava bene negli anni Sessanta, quando l’immigrazione era sotto controllo e il Paese non era islamizzato, ma che oggi non è in grado di far fronte alle necessità dei più deboli. Forse davvero la Le Pen è impresentabile. In tal caso, l’Italia deve ritenersi fortunata, per aver saputo creare una destra sovranista in grado di diventare europeista e non nera e isolazionista e di affermarsi come alternativa alla proposta progressista. Lo sfidante della Meloni, Enrico Letta, è tornato in Italia dopo essere stato sette anni in esilio volontario a Parigi. Gentiloni, Renzi, tutto il Pd ha sempre indicato nella Francia l’esempio. Oggi viene da pensare che non ci avessero capito nulla e che ci sia andata bene. Forse perfino aver avuto Conte è stato meglio che dover fare i conti con Macron. 

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