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Putin, il tentativo con le milizie in Libia: la mossa sulla riva del Mediterraneo

Andrea Morigi
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A Tobruk e nel resto della Cirenaica regna il caos da quando la Camera dei Deputati il 16 maggio scorso ha sospeso Fathi Bachagha dalla carica di primo ministro. E adesso, complice la crisi interna in Russia, il generale Khalifa Haftar non sembra più tanto interessato a mantenere l’ordine attraverso il suo autoproclamato Esercito nazionale libico. Tanto che la settimana scorsa aveva messo in programma una visita a Tripoli con lo scopo di «accelerare la formazione di un governo tecnico per supervisionare le elezioni». Tuttavia le reazioni non erano state particolarmente incoraggianti e il viaggio era saltato. Del resto, è ancora nella memoria l’offensiva militare tentata da Haftar nell’aprile 2019 contro il governo di accordo nazionale di Fayez Al Serraj.

Occorreva un altro interlocutore, più istituzionale. Così è stato dato un incarico al nuovo ambasciatore della Federazione russa in Libia, Aydar Aganin, il quale ha colto l’occasione al volo per «spostare il lavoro dell'ambasciata russa a Tripoli» a partire dal «prossimo agosto», d’accordo con Abdelhamid Dbeibah, attuale primo ministro della Tripolitania, il quale si preoccupa anche di comunicare la notizia attraverso un tweet delle 18.50 del 26 giugno. E ci tiene inoltre a precisare di aver «sottolineato l’importanza di unificare la posizione internazionale nei confronti della Libia nella sua integrità territoriale e sovranità e porre fine a ogni forma di interferenza esterna». C’è ancora aperta la questione dell’allontanamento delle truppe straniere - composte in prevalenza di mercenari- che secondo gli accordi internazionali dovrebbero già aver sloggiato da tempo. Invece la Turchia ha ancora di stanza in Libia i suoi tagliagole siriani, inquadrati nelle milizie Sadat, fondate dal generale di brigata Adnan Tanriverdi. E finché non se ne fossero andati loro, il Cremlino non aveva nessuna intenzione di mollare la presa. Peccato che ora la compagnia di ventura di Evgeny Prigozhin stia per passare sotto il controllo del ministero della Difesa russo e ciò renda consigliabile un riposizionamento. Anzi, un ribaltamento di fronte.

Fino a quando la situazione non sarà chiarita, conviene trovare una sponda anche a Tripoli, dove lunedì Aganin, presentando le sue credenziali al capo del Consiglio presidenziale della Libia, Mohamed Menfi, ha potuto notare che «ora le condizioni di sicurezza sono migliorate molto», mentre «il Paese è praticamente passato a una fase di sviluppo pacifico, in cui le differenze tra i politici libici vengono risolte attraverso il dialogo». Parlando all’agenzia di stampa russa Sputnik, Aganin ha indicato che «intende stabilire contatti più ampi con i rappresentanti libici», osservando che anche la parte libica è interessata «a dialogare con noi e ascoltare il nostro punto di vista». Ha inoltre evidenziato che il primo passo per i diplomatici russi in Libia sarà quello di ripristinare le relazioni bilaterali tra Mosca e Tripoli prima di rafforzarle, indicando la volontà di Vladimir Putin, capo dello Stato russo, di «sostenere gli sforzi del governo di unità nazionale per raggiungere la stabilità e attuare le elezioni». Anche l’inviato dell’Onu, Abdoulaye Bathily le vorrebbe organizzare presto la tornata, entro il 2023, ma rimangono ancora da redigere gli emendamenti costituzionali e le leggi elettorali. 

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