Gruppo Wagner, cosa sta accadendo alla sede dei mercenari: farsa svelata?
Non si sa esattamente dove sia finito Evgeny Prigozhin, però- da questo non si sa dove - ha mandato via Telegram un messaggio audio di 11 minuti. Neanche Vladimir Putin in realtà si sa troppo bene che fine abbia fatto, ma anche lui ha mandato un messaggio, nel quale ringrazia il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko per aver consentito una soluzione pacifica della crisi provocata dal gruppo Wagner. In realtà, il capo del Cremlino chiede ai mercenari di sottoscrivere un contratto per mettersi agli ordini del ministero della Difesa, tornare alle loro famiglie o riparare in Bielorussia, non senza prima averli adulati come eroi.
E poi, sempre Putin: «Sappiamo e sapevamo che la maggior parte dei combattenti e dei comandanti della Wagner sono patrioti e fedeli alla loro patria, l’hanno dimostrato sul campo di battaglia, liberando diversi territori». «I tentativi di creare disordini interni falliranno». «La rivolta sarebbe stata comunque soffocata».
Non mettendoci al contrario la faccia, forse per non rivelare la sua ubicazione, Prigozhin ha invece spiegato le ragioni della rivolta contro le truppe russe lo scorso fine settimana. «Abbiamo organizzato la marcia della giustizia come dimostrazione di protesta e non per sovvertire il potere nel Paese.
L'obiettivo era portare coloro che hanno fatto errori nella operazione militare speciale a rispondere delle loro responsabilità», è la sua versione dei fatti accaduti fra venerdì e sabato scorsi. A chi lo ha accusato di essere un golpista, ribatte: «La Wagner ha dato vita alla sua marcia verso Mosca per esprimere una protesta e non per rovesciare il governo del Paese».
ACCUSE E MINACCE
Questione di sopravvivenza, poiché «le autorità avevano deciso di sciogliere la Wagner il primo luglio a seguito di intrighi». Perciò «la marcia organizzata verso Mosca aveva lo scopo di impedire la distruzione della compagnia militare privata e di chiamare alle loro responsabilità quegli individui che hanno commesso un enorme numero di errori nell'operazione militare speciale».
Prigozhin ha tenuto a ricordare che «abbiamo percorso 780 chilometri, questo significa che eravamo a 200 chilometri da Mosca». Suona come una minaccia. I soldati di ventura potrebbero ritornare a stringere d’assedio la capitale russa? Intanto si sono fatti una passeggiata attraverso il Paese, verificando la propria popolarità fra la gente, spiega il comandante e fondatore della compagnia: «Tra i combattenti Wagner ci sono alcuni feriti, compresi militari della Difesa che si erano uniti a noi. Nessuno dei combattenti Wagner è stato costretto a partecipare alla marcia, tutti sapevano quale fosse l’obiettivo». Ma ha deciso di «fare marcia indietro» e fermare l’avanzata a duecento chilometri da Mosca «per evitare uno spargimento di sangue», ed ha espresso «rammarico per aver colpito l’aviazione russa». Sei elicotteri russi e un aereo sarebbero stati abbattuti dai suoi uomini durante la marcia su Mosca, e ci sarebbero così scappati una trentina di morti. Prigozhin ha ricordato come la rivolta abbia avuto sostegno nelle città attraversate.
«I civili ci hanno accolti con bandiere russe e simboli di Wagner» come dimostra il fatto che «erano tutti felici quando siamo passati». Alla fine, anch’egli non manca di ringraziare il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, che ha «teso una mano e ha offerto soluzioni» per permettere a Wagner di continuare a operare «all’interno di una cornice legale».
Lo stesso fa il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov in un’intervista a Rt, in cui ricostruisce come l'addetto stampa del presidente russo Vladimir Putin, Dmitry Peskov, ha ripetutamente e dettagliatamente spiegato che in una conversazione telefonica tra i leader dei due paesi sabato mattina, 24 giugno, Alexander Lukashenko si è espresso a favore della risoluzione della situazione con la pace, per evitare uno spargimento di sangue che si sarebbe inevitabilmente verificato se i distaccamenti ribelli avessero continuato ad avanzare verso Mosca. «Questa proposta è stata sostenuta dal presidente russo Putin. Conoscete il risultato», ha detto Lavrov. Due centri di reclutamento della Wagner sono stati in effetti riaperti nelle città siberiane di Tyumen e Novosibirsk: la notizia viene riferita sia dall’agenzia stampa ufficiale russa Tass che dal media indipendente e tendenzialmente di opposizione Meduza.
RECLUTAMENTO IN CORSO
A Novosibirsk un dipendente del centro ha detto alla Tass che il «reclutamento è in corso». All’ingresso della sede sono stati ripristinati i manifesti pubblicitari rimossi sabato quando Prigozhin minacciava di marciare su Mosca. A Tyumen, il centro funziona «su appuntamento». Non è chiaro al momento in che forma potrebbe continuare ad esistere il gruppo Wagner con l’esilio del suo capo, e dopo l’accordo di sabato sera che ha messo fine al tentativo di insurrezione il portavoce del Cremlino, Peskov aveva detto che i mercenari non sarebbero stati perseguiti e avrebbero potuto firmare contratti con l’esercito russo.
Le parole di Putin di ieri danno una spinta alla rottamazione. Per lo meno per la Wagner che conoscevamo. Al generale Luigi Chiapperini, ex comandante del contingente multinazionale Nato in Afghanistan e membro del Centro Studi dell’Esercito, a questo punto sorge anche il dubbio «che quella dell’ineffabile Prigozhin possa essere una “maskirovka” cioè una messinscena per attaccare nuovamente l’Ucraina da Nord. Alcuni dei mercenari “graziati” e mandati in Bielorussia in “esilio” con tutto il loro armamento. Putin e l’establishment russo ne escono sicuramente indeboliti. Potrebbe essere l'inizio della sua fine», premette. E avverte: «Alcuni analisti hanno assistito alla marcia di Prigozhin come a un evento positivo per l’Occidente ma la presa del potere da parte di qualche falco dovrebbe invece impensierirci». Ma «quello che è sembrato un tentativo di golpe può essere letto sotto diversi punti di vista», «l'intera faccenda risulta a dir poco strana assistendo alla penetrazione delle colonne di Prigozhin verso Mosca contrastata solamente da alcuni velivoli mentre le forze di sicurezza rimanevano alquanto passive». E Mark Galeotti, il più ascoltato osservatore degli apparati di sicurezza, ammette tranquillamente: «Nessuno di noi analisti capisce cosa è accaduto davvero».