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Russia-Ucraina, il report: "Fine del conflitto entro 30 giorni"

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Non solo la crisi in Russia, ma anche la guerra in Ucraina potrebbe risolversi nei prossimi 30 giorni. Un interessante Dagoreport fornisce una lettura in controluce di quanto accaduto nelle ultime, folli e drammatiche 48 ore tra Rostov, Mosca e Minsk. Evgeni Prigozhin sabato mattina parte con le truppe del suo Gruppo Wagner, occupa Rostov, quindi si dirige verso la Capitale con l'intento di far capitolare i suoi due nemici, il ministro della Difesa Shoigu e il capo di Stato maggiore Gerasimov e, forse, pure Vladimir Putin.

Ma qui, si legge, sta il punto. Il vero obiettivo di Prigozhin sarebbe stato un altro: non rovesciare il presidente ("Di per sé uno scenario spaventoso: chi sarebbe stato in grado di mantenere unito il paese, proteggere le armi nucleari, Prigozhin?") bensì semplicemente "indebolire il suo potere. Vedere se, una volta azzoppato, al poverino partiva l’embolo fatale, detto 'dopo di me, il diluvio' (e vai con esercito e bombe), oppure Vlad avrebbe iniziato a ragionare. A partire dal negoziato di pace con Zelensky e chiudere la scellerata guerra in Ucraina nei prossimi 30 giorni".

Da qui, dunque, il manto di mistero che è calato su tutta la vicenda a partire da sabato sera, quando Putin e Prigozhin hanno siglato il loro patto. Di sicuro, prosegue Dago che nelle sue analisi indiscrete si abbevera sempre a fonti molto molto ben informate (e chiaramente sotto anonimato) "la spia che Putin abbia iniziato a usare le sinapsi del cervello è rappresentato dalla sua richiesta di trovare una mediazione con Prigozhin, rivolta in maniera esplicita ad Alexander Lukashenko". Ed è ovvio "che non si fa una mediazione chiacchierando al telefono. Ed infatti le trattative sono ancora in corso".

La seconda domanda d'obbligo è dunque: per conto di chi agiva Prigozhin? Dietro, in primis, potrebbero esserci gli oligarchi, "anche loro convinti, come Putin, che l’invasione ucraina si sarebbe risolta in una settimana di bum-bum". Invece ora, con la gran parte dei loro capitali all'estero sequestrati, il peso delle sanzioni e ricavi dimezzati, sono i primi sponsor di una tregua. Non è un caso che nelle élite politiche ed economiche, siano stati pochissimi gli esponenti che a golpe in corso abbiano fatto uscite pubbliche per difendere il Cremlino. 
 

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