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Putin umiliato al telefono da Tokayev a golpe in corso

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Abbandonato da quelli che credeva suoi fedelissimi, addirittura umiliato. Vladimir Putin ha trascorso un sabato drammatico e sulla Stampa Anna Zafesova offre una impietosa  ricostruzione del tentato golpe di Evgeni Prigozhin, capo del Gruppo Wagner che con i suoi miliziani nel giro di poche ore è passato da Rostov sul Don alle porte di Mosca, per poi siglare un patto con il Cremlino. Una giornata avvolta dai misteri e dai paradossi. 

 

 

 

Uno spettacolo di "straordinaria, sconvolgente, spaventosa debolezza della Federazione Russa", con "gli aerei privati di ministri e oligarchi che decollavano uno dietro l'altro verso la Turchia, l'Azerbaigian e gli Emirati Arabi. Il sindaco di Mosca Sergey Sobyanin che proclamava lo stato di emergenza terroristica e istituiva una giornata supplementare di vacanza lunedì «per la sicurezza dei cittadini»".

 

 

 

Dalle massime autorità del regime di Putin silenzi assordanti, come è apparso non risolutivo e assolutamente titubante il discorso alla Nazione di Putin, alla mattina. "Qualunque sia il patto che Putin e Prigozhin hanno raggiunto - insinua la Zafesova -, se l'hanno davvero raggiunto e se lo manterranno, queste 24 ore di smarrimento, panico e vuoto di potere rimarranno nella storia del regime putiniano come un punto di non ritorno". La Russia, sottolinea la giornalista, "ne esce come un Paese dove un capitano di ventura – Prigozhin non ha nessun rango ufficiale nella catena di comando militare – lancia un golpe, guidando la sua armata di mercenari e galeotti all'attacco di Mosca, e ne esce illeso. Il cuoco può non essere diventato zar, ma se sopravvive a questa notte diventa l'uomo più potente della Russia".

 

 

 

C'è una immagine che più di ogni altra forse sintetizza l'inattesa, drammatica impotenza dello Zar vero, il presidente russo Putin. Il capo dello Stato "ne esce più che dimezzato, dopo una giornata di telefonate ai pochi leader che accettano ancora di parlargli – memorabile la gelida risposa del presidente kazakho Tokayev «questa situazione è un affare interno della Russia», un sarcastico ribaltamento di quel rifiuto delle ingerenze che Putin ha tanto predicato come segno della sua sovranità". E ancora più paradossale il fatto che a risolvere la questione sia stato Lukashenko, dittatore bielorusso vassallo per eccellenza di Putin. 

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