Se la Francia vuole rubarci anche il nome "Toscana": un marchio che fa gola
Troppo bella è l’Italia. E questo è un problema. Ha tante meraviglie che da secoli fa innamorare tutti accendendo molti desideri. «L’Italia ha creato bellezza e ha contagiato il resto del mondo. Nella penisola sono nati il libro moderno e la banca, da qui si sono irradiati la gastronomia, la moda, il buon gusto, lo stile, l’arte. Molto è stato dato, parecchio è stato preso. Al Louvre, e in altri musei francesi, gli oggetti prelevati in epoca napoleonica costituiscono ancora oggi una parte importante delle esposizioni». Così Alessandro Marzo Magno introduce il suo libro – edito da Garzanti Missione (...) grande bellezza (gli eroi e le eroine che salvarono i capolavori italiani saccheggiati da Napoleone e da Hitler).
Nonostante siano stati recuperati diversi nostri tesori d’arte, oltralpe ne restano ancora. Non si può certo dire che i francesi (e i tedeschi) non siano innamorati dell’Italia. È una vera passione. Sarebbe cosa buona, se però non si manifestasse – talora- con una certa propensione a “prelevare”. Ora per esempio i francesi sono accusati dagli italiani di aver preso e usato il marchio “Toscana”. Infatti nella regione dell’Occitania è stata lanciata una campagna di promozione turistica dell’area fra Tolosa, Montauban e Albi, con lo slogan «Découvrir la Toscane occitaine». Certo, è un bene immateriale, ma a Firenze sono insorti. Il presidente della Regione Giani e l’assessore alle attività produttive e al turismo Marras tuonano: «Valuteremo le azioni da intraprendere. Su questa storia non si scherza perché il furto di identità è reato. L’operazione dell’Occitania è eccessiva e fuori luogo».
Francesco Torselli, capogruppo di FdI in Regione, rievoca le polemiche degli anni scorsi, a proposito dell’appalto del trasporto pubblico locale in Toscana, e commenta con amara ironia: «Forse i francesi si sentono ormai talmente padroni a casa nostra da pensare di poter addirittura usare il nome “Toscana” per le loro promozioni turistiche. Giani e Marras hanno annunciato azioni forti contro questo scempio: attendiamo curiosi di capire come intenderanno tutelare il nostro brand, ma soprattutto la nostra storia e le nostre tradizioni».
L’eurodeputato Nicola Danti, di Italia viva, annuncia un’interrogazione a Bruxelles: «Al Parlamento europeo lavoriamo quotidianamente contro azioni del genere. L’operazione ha chiaramente lo scopo di sfruttare l’attrattività turistica della ben più conosciuta regione Toscana».
Forse il fatto che in quella terra francese sia fiorita, fra XI e XII secolo, la poesia trobadorica – molto apprezzata da Dante - ha indotto i nostri cugini d’oltralpe a esaltare la parentela con la terra del “Dolce stil novo”. Ma la Toscana è molto di più di un legame letterario del XII secolo. E non è solo una terra fatta di paesaggi mozzafiato, città e borghi incantevoli, piena di opere d’arte senza eguali. È un miracolo di genialità che, dal XIII al XVII secolo, dal tempo di Dante Giotto e Cimabue fino all’epoca di Michelangelo e poi di Galileo, ha determinato i canoni della cultura europea ed ha letteralmente “plasmato” ciò che chiamiamo “civiltà occidentale”.
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Lo storico Johan Huizinga annota che «la forza motrice del rinnovamento è stata, per Voltaire, la vivacità del genio toscano». E infatti Voltaire scriveva: «Si fu debitori di tutte queste belle novità ai toscani. Tutto essi fecero rinascere con il loro solo genio (...). Firenze era allora una nuova Atene». È per questo che Oriana Fallaci – fiera di essere fiorentina- scriveva: «Amo appassionatamente la Toscana. Mi inorgoglisce troppo quello che ha dato al mondo nel campo dell’arte, della scienza, della letteratura, della politica insomma della cultura. E a ogni pretesto parlo e scrivo della Toscana». In quell’autobiografia familiare che è Un cappello pieno di ciliege, la Fallaci rievoca l’arrivo in Toscana di Napoleone («tra confische e saccheggi e abusi di vario tipo»). Ricorda la sua visita agli Uffizi dove l’impaurito Ferdinando III, purtroppo, gli mostrò tesori come «lo splendido sarcofago etrusco che con la stupenda “Venere de’ Medici” sarebbe finito al Louvre».
Poi Oriana ricorda che al pranzo ufficiale Napoleone disse: «Quale fortuna che i miei avi traessero origine dall’inclita Firenze». Così «alludeva al fatto che» nel XVI secolo «i Bonaparte fossero emigrati in Corsica dalla Toscana». La Fallaci è molto orgogliosa del fatto che la sua antenata Caterina, incrociando in piazza Pitti la carrozza di «quel giovanottino borioso», lo abbia preso a male parole. Fu una reazione molto toscana. Ma in fondo anche nel genio machiavellico di Napoleone c’era Dna toscano... Vedremo ora come sarà risolta la controversia con i francesi. Ma questa storia evidenzia l’enorme valore che all’estero si dà alla Toscana e c’è da chiedersi se noi – da parte nostra - valorizziamo come si deve la grandezza e la bellezza della nostra Italia, in particolare la terra di Dante. Anzitutto dovrebbe interrogarsi chi governa questa regione. Ma è una riflessione per tutti perché riguarda la nostra identità.