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Russia, il doppio gioco della Germania: droni in gran segreto a Mosca

Daniel Mosseri
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Dopo gli Usa siamo diventati il secondo più grande sostenitore dell’Ucraina e continueremo a farlo fino al ritiro dei soldati russi». Lo ha rivendicato pochi giorni fa il cancelliere tedesco Olaf Scholz presentando al fianco dei suoi più importanti ministri la nuova “Strategia per la sicurezza nazionale” messa in piedi dal suo governo. Scholz non mente, anche se la gara per il secondo posto è sempre aperta, come rivelano i dati dell’osservatorio sull’Ucraina del Kiel Institute for World Economy secondo cui ora la Gran Bretagna ora la Repubblica federale tedesca rincorrono da lontano gli Stati Uniti nello sforzo finanziario, militare e umanitario pro -Kiev. Il punto non cambia: pungolato dagli alleati di governo Verdi e Liberali, e sollecitato sul piano internazionale da quelli del patto atlantico (polacchi e statunitensi in primis), il socialdemocratico Scholz ha abbandonato la tradizionale politica filorussa tedesca, abbracciando la causa dell’Ucraina, un posizione non scontata per un paese che fino a ieri aveva rapporti commerciali ed energetici eccellenti con la Federazione Russa di Vladimir Putin.

LO SCOOP DI WELT
Peccato però che l’industria tedesca ci abbia messo la coda. Secondo un’anticipazione della Welt am Sonntag la Germania è il paese leader del “commercio ombra” con la Russia. I vari pacchetti di sanzioni che l’Unione europea ha adottato contro i traffici commerciali con il gigante euroasiatico impediscono le esportazioni dirette verso Mosca ma non quelle verso paesi come Armenia, Bielorussia (colpita questa, però, da misure separate), Georgia, Kazakhstan, Kirghizistan, Tajikistan e Uzbekistan. E proprio a queste nazioni non ostili alla Russia, la Germania ha venduto beni per 2,05 miliardi di euro fra marzo e dicembre 2022, chiudendo poi un occhio o anche due sulla destinazione ultima delle merci. Erlend Bollman Bjørtvedt della società di consulenza aziendale norvegese Corisk, riporta la Welt, ha analizzato i dati doganali internazionali per scoprire se, e in che misura, i paesi che hanno aderito alle sanzioni contro la Russia li aggirano. Il risultato: i paesi occidentali hanno esportato merci per otto miliardi a nazioni terze, liete di rivendere alla Russia; e la Germania da sola pesa per un quarto del totale. Commerciare con le ex Repubbliche socialiste sovietiche non è un crimine di per sé ma, sottolinea Bjørtvedt, «queste aziende occidentali agiscono per negligenza grave o intenzionalmente». Alcune di loro avrebbero aumentato le loro vendite verso il Kazakistan o l'Armenia del 1000, 10.000, 70.000 per cento da quando la Russia ha attaccato l'Ucraina lo scorso febbraio. «È impossibile ignorare dati del genere». Bjørtvedt porta l’esempio dei droni della cinese Dji, strumenti che per meno di 1.000 euro si levano in aria filmando e fotografando quello che c’è sotto di loro. In Europa vanno forte tanto fra gli influencer quanto fra i registi ma i russi li usano per spiare il territorio ucraino alla ricerca di obiettivi militari.

 

VIA KAZAKISTAN
E chi li vende alla Russia? La filiale olandese della Dji che, ovviamente, li cede a uno dei paesi terzi che commerciano con Mosca. Nel caso di specie, le sanzioni vengono aggirate attraverso il Kazakistan, come ha rivelato la piattaforma investigativa Occrp (Organized Crime and Corruption Reporting Project). Le preoccupazioni dell’Occrp e della norvegese Corisk sono condivise dagli Usa. «All'inizio di quest'anno, la Russia è stata in grado di reimportare alcune categorie chiave di prodotti elettronici ai livelli di prima della guerra», ha dichiarato giorni fa a Politico Jim O’Brien, coordinatore delle sanzioni presso il Dipartimento di Stato americano, aggiungendo gli Emirati Arabi Uniti e la Turchia (paese Nato) alla lista degli intermediatori con la Russia. L’aggiramento delle misure antirusse è proprio l’obiettivo dell’undicesimo pacchetto di sanzioni che l’Ue vorrebbe adottare. E che nessun paese membro ha fretta di discutere. 

 

 

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