Russia, "qualcosa di impressionante": controffensiva ucraina, indiscrezioni-choc
Il balletto della controffensiva continua: dopo che perfino Zelensky aveva espresso qualche dubbio sulla fattibilità dell’attacco, e dopo settimane che il governo ucraino aveva lasciato a più riprese intendere che la controffensiva fosse già iniziata ma stesse avvenendo a piccoli passi, lo stesso presidente ucraino ha finalmente sciolto la riserva assicurando che il suo esercito è ormai pronto. Lo ha detto in un’intervista al Wall Street Journal sottolineando che non sa quanto tempo ancora ci vorrà e «ad essere onesti, può andare in diversi modi, completamente diversi. Ma lo faremo». Zelensky però ha fatto presente che senza i cacciabombardieri le incognite e la possibilità di insuccesso sono ancora più elevate. «Tutti sanno che qualsiasi tipo di controffensiva, senza una superiorità nei cieli, è molto pericolosa. Tutti dovrebbero capire l’importanza di proteggere i cieli. Non capisco quale sia il vero problema con i caccia moderni», ha detto.
Alle parole del presidente ucraino si aggiungono a quelle alla Bbc di David Petraeus, il generale americano che ha guidato le forze in Iraq e in Afghanistan, e poi è stato anche direttore della Cia, secondo cui la controffensiva dell'Ucraina sarà «molto impressionante» e può avere successo. Petraeus, che ha recentemente incontrato Zelensky a Kiev, ha usato le parole del “tecnico” che sa di quello di cui sta parlando: «Ho l’impressione che si otterranno effetti di armi combinate, Recep Tayyip E in altre parole, si riuscirà a portare a termine con successo operazioni di armi combinate in cui ci sono ingegneri che superano gli ostacoli e diffondono i campi minati e così via; i mezzi corazzati che proseguono protetti dalla fanteria contro i missili anticarro; la difesa aerea che tiene lontani i velivoli russi; la guerra elettronica che disturbale loro reti radio; la logistica proprio dietro di loro; l’artiglieria e i mortai proprio di fronte a loro».
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MORTE A BELGOROD
Sul fronte militare va registrata l’ammissione del governatore dell'oblast di Belgorod, Vyacheslav Gladkov, secondo cui il bilancio delle vittime degli bombardamenti in quell regione russa al confine con l'Ucraina, è ora salito a cinque. Due uomini e una donna sono morti nella città di Valuiki e due donne a Chebekino. I bombardamenti hanno danneggiato anche due gasdotti, uno dei quali è stato riparato. A Chebekino, «non c'è elettricità né acqua in città», ha scritto inoltre Gladkov su Telegram aggiungendo che molte auto e case sono state danneggiate. A sudovest di Chebekino, nel villaggio di Murom, «alcune strade rimangono senza elettricità o comunicazioni mobili». A tale proposito il capo del gruppo paramilitare Wagner, Prigozhin, ha assicurato di essere pronto a inviare i suoi reparti a difesa della zona, sottolineando che «se il ministero della Difesa non ferma ciò che sta accadendo dove i territori russi sono sul punto di essere catturati, allora ovviamente ci andremo da soli».
Prigozhin però come al solito è andato oltre, accusando fazioni non ben identificate del Cremlino (che lui chiama “torri del Cremlino”) che stanno distruggendo lo Stato seminando discordia tra lui e i combattenti ceceni. Secondo il capo della Wagner tali piani sono così sfuggiti di mano che Putin è stato costretto a rimproverare i generali durante l’ultima riunione del consiglio di sicurezza.
APERTURE RUSSE
Il presidente russo ieri ha fatto sapere attraverso il portavoce Peskov di continuare a «essere aperto a qualsiasi contatto per raggiungere i nostri obiettivi con mezzi diversi dall’operazione militare speciale». Peskov ha però aggiunto che per il momento «l’Occidente non lascia scelta» e riferendosi al vertice di pace sull’Ucraina a Parigi proposto da Macron ha sottolineato che «la Francia non può essere classificata come uno Stato neutrale che può affermare di essere un moderatore, ad esempio, come il Brasile, come la Cina, come i Paesi africani». Da parte loro il governo ucraino e la Ue hanno già bocciato il piano di pace proposto dall’Indonesia al vertice sulla difesa del Dialogo di Shangri-La, che si sta tenendo a Singapore, basato su un cessate il fuoco «sulle posizioni attuali», zone demilitarizzate che sarebbero garantite dall’Onu e un referendum nelle zone contese sempre organizzato dall’Onu.
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