Zelensky pronto anche al suicidio: "Ho una pistola e so sparare"
Giorno 430 dall’inizio della guerra, dopo la strage di civili a Uman nell’Ucraina centrale, Kiev risponde attaccando la Crimea. E lo fa con un'incursione di droni a Sebastopoli contro una serie di serbatoi di carburante destinato alla flotta russa del Mar Nero. «È la punizione di Dio per i civili uccisi a Uman, tra i quali cinque bambini», ha detto Andriy Yusov, rappresentante del Gur, il servizio di intelligence del ministero della Difesa dell’Ucraina, aggiungendo poi che siccome tale punizione sarà di lunga durata «è auspicabile che i residenti della Crimea temporaneamente occupata non stiano vicini alle strutture militari nel prossimo futuro».
Yusov ha specificato che nell’esplosione di Sebastopoli sono stati distrutti più di 10 serbatoi con prodotti petroliferi e ci sono volute diverse ore per spegnere l’incendio che ne è seguito.
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Per vendicarsi l’Ucraina ha bombardato anche il villaggio russo di Novaia Tavolzhanka, lasciando cinque paesi senza elettricità. Solo un avvertimento, perché il grosso deve arrivare con la controffensiva ormai prevista entro la fine della primavera, secondo quanto indicato dagli ucraini stessi, o entro il 15 maggio, secondo quanto sostenuto dal comandante della Wagner Prigozhin.
La controffensiva, ha assicurato ieri il presidente Zelensky, avverrà con o senza i gli F16, e avrà come obiettivo anche la liberazione della Crimea, ma perché ciò accada, ha aggiunto, «è necessario più sostegno da parte degli alleati». Per quanto lo riguarda personalmente, non ha timori: «Ho una pistola e so sparare», ha confessato Zelensky, al giornalista Dmytro Komarov della televisione Ucraina ’1+1’ che è stato con lui nel corso di un suo viaggio all’interno del Paese realizzando un documentario. «Ti rendi conto se il presidente ucraino diventasse prigioniero dei russi? Penso che sarebbe un peccato...», ha detto Zelensky confermando di essere in grado di proteggersi qualora si trovasse in situazione di emergenza.
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Dal lato russo ha invece parlato come al solito l’ex presidente Medvedev che si augura «una piena sconfitta del nemico e la deposizione finale del regime neonazista con la piena demilitarizzazione di tutto il territorio ucraino» nonché «atti di rappresaglia contro le figure chiave del regime neonazista» i cui «deliri», secondo l’attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione, sono dovuti alla “droga”. Ma i guai per i russi potrebbero arrivare anche dal fronte interno, in particolare dall’irrequieto Prigozhin che ieri è arrivato al punto di minacciare lo scioglimento della sua creatura, la Wagner.
L’ex “chef di Putin” lamenta perdite troppo ingenti tra le sue file ancora impegnate nell’infinita battaglia di Bakhmut, «pile di migliaia di corpi che ogni giorno mettiamo in bare e inviamo a casa». Secondo Prigozhin le perdite sono cinque volte il necessario a causa delle mancanza di munizioni di artiglieria e se non si fa qualcosa «saremo costretti, per non dover correre via in modo codardo come topi in seguito, o a ritirarci o a morire».
Mosca peraltro ha alzato il livello dello scontro anche contro la Polonia che nelle ultime ore ha reso esecutivo il sequestro di una scuola russa a Varsavia. L'edificio, nazionalizzato nel 1945 e trasferito all'Unione Sovietica, era da tempo usato dall'ambasciata russa come sede della scuola secondaria per i figli dei diplomatici e del personale. Una recente sentenza di tribunale ha però stabilito che il palazzo è di proprietà dello Stato polacco ed è stato usato illegalmente dall'ambasciata russa. «Queste nuove azioni ostili delle autorità polacche sono una flagrante violazione della Convenzioni di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche e una nuova violazione delle proprietà diplomatiche russe in Polonia», ha scritto in un comunicato il ministero degli Esteri russo, sottolineando che tale passo «non rimarrà senza ferma risposta» e comporterà «conseguenze per le autorità polacche e gli interessi polacchi in Russia». Peraltro contro Varsavia si è scagliato anche il ministero degli Esteri ucraino che ha presentato all’ambasciata polacca e alla delegazione dell’Ue nel Paese una protesta contro l’“inaccettabile” blocco all’import di prodotti agricoli ucraini.
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