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Libia, Vladimir Putin vuole Gheddafi Jr al comando: tutto stravolto

Renato Farina
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Saif al -Islam Gheddafi! Il punto esclamativo ci vuole. Adesso è l’arma segreta di Vladimir Putin in Libia. Posso essere sfacciato? Ce la siamo cercata. Per intanto il nome è pressoché ignoto al grande pubblico dei mass media globali (ma non certo alle intelligence atlantica, russa e isreliana). Il cognome invece evoca tante cose nella memoria di tutti noi, gente comune del Bel Paese, dato che paghiamo e per chissà quanto tempo pagheremo le conseguenze della brutta fine del capo di questa dinastia berbera. Fu un’orrenda morte per mano di sicari manovrati dai francesi, la famosa civiltà transalpina, che segnò il cambio di regime, e l’estromissione dell’Italia dalla Libia e da tutto il Mediterraneo.  La caccia a Gheddafi e a tutta la sua famiglia fu il feroce epilogo della guerra sciaguratamente dichiarata dall’Italia contro sé stessa, con il governo Berlusconi costretto a fornire basi e armamenti alla Nato per sostenere gli islamisti di Al Qaida e dei Fratelli Musulmani che il Colonnello combatteva come i suoi peggiori nemici.

 


DIKTAT USA - Non si poté che obbedire al diktat ricattatorio di Usa, Francia e Gran Bretagna sostenute da Giorgio Napoletano, capo di Stato e delle Forze armate. Ce la siamo cercata. Con il Colonnello avevamo vincoli di amici da lui rispettati, con la fornitura esclusiva di gas e petrolio tramite Eni, e il contenimento dignitoso dei migranti sub-sahariani. Saif è il secondogenito di Muammar. Dopo che il raìs fu linciato nell’agosto del 2011, fu arrestato e incarcerato a Zindan, nel Sud, dove fu condannato a morte, e poi liberato, riuscendo a trasformare le bande di miliziani che l’avevano catturato nel suo esercito personale. Non è tipo da sottovalutare, Saif Al-Islam. Laureato alla London School of Economic, coltissimo esperto d’arte, era il pupillo del Colonnello, il quale lo ha allevato come facevano una volta i re coi figli destinati al trono. Puntava su di lui per la successione, a differenza degli altri rampolli aveva la testa a posto. Per questo a suo tempo aveva rifiutato la posizione ufficiale di capo del governo offertagli dal padre, preferendo esercitare il potere sotto traccia. Il sangue ora parla in lui, punta a ricalcare le orme del genitore, dice di non volere vendetta, ma la felicità del popolo che l’autore del Libro Verde garantiva. Adesso l’antica borghesia benestante e le classi medie e popolari fanno la fame, letteralmente. Gli utili del petrolio sono ingoiati in abissi misteriosi, causando un malcontento che Saif vuole trasformare in progetto di potere.

 


 

BENGASI - Insomma torna un Gheddafi in Libia, anche perché non se n’era mai andato. Ha un alleato di primo piano, il generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica, il quale pare aver rinunciato ad assecondare le ambizioni del figlio Saddam, per appoggiare l’ambizioso 51enne. Ripetiamo, caso mai fosse sfuggita, la notizia che siamo in grado di fornire in esclusiva da una fonte di sicura attendibilità. È Putin ad aver convinto Haftar a sostenere Gheddafi junior. Nel settembre del 2020 ha incontrato segretamente a Mosca, raccomandato da Fsb e Gru, i servizi segreti russi, i capi del Cremlino, forse lo stesso Putin. Che garanzie ha dato? Deve essere roba grossa se lo zar punta su di lui per impadronirsi dell’ex scatolone di sabbia ricchissimo di gas, petrolio e di disperati libici nostalgici del Colonnello, e per assestare colpi pesanti a leader europei. In questo momento Gheddafi II è ospite protetto e onorato di una tribù storicamente vicina al Colonnello. A 30-40 km a Sud di Bengasi ha il suo piccolo esercito – il gruppo di Zantan – e soprattutto è oggetto di un incarico speciale dato da Putin alla Brigata Wagner di stanza in Cirenaica. Tenere al sicuro, proteggere, accudire, vigilare Saif al-Islam Gheddafi. Sono dodici combattenti di Classe A, l’élite assoluta dei mercenari che in Cirenaica sono graditi ospiti nonché sostenitori di Haftar, a sua volta ammanigliato con Al Sisi.
Gode di protezioni israeliane il prediletto di Putin. E da parecchio tempo. Nel 2011 l’allora ministro degli esteri di Gerusalemme, AdvigorLieberman, ebreo russo, spedì per preservarlo dalla sorte del padre, speciali commando. Non ebbe successo. Ma i rapporti dopo la liberazione di Saif sono ripresi in forma di business. Saif commercia reperti antichi. Si finanzia gestendo – attraverso libici insediati a Vienna - partite di petrolio. Questo rivela la fonte primaria. Che cosa ha raccontato ai russi Gheddafi jr? Al-Jazeera ha dato voce all’agente di Wagner Maxim Shugaley. Costui ha riferito che Saif ha fornito alla Russia prove di corruzione coinvolgenti politici in Francia, Stati Uniti e Ucraina. Un nome? Quello di Emmanuel Macron che avrebbe incassato denaro libico tramite intermediari algerini per finanziare la sua campagna del 2017 per l’Eliseo.

 

 

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