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Russia, patto segreto con la Cina: così può esplodere la Guerra Mondiale

Mirko Molteni
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Grazie all'assistenza della Russia, la Cina potrebbe moltiplicare le sue armi nucleari, il cui vero numero è tuttora segreto. Sulla scia del vertice a Mosca tra Vladimir Putin e Xi Jinping, arriva l’espansione della collaborazione nel campo dei reattori nucleari a neutroni veloci “autofertilizzanti”. Sono reattori in grado di produrre uranio 235 e plutonio 239 a partire da uranio 238 “fertilizzato” da neutroni meno moderati che nei reattori consueti. Ciò permetterebbe ai cinesi di disporre di più plutonio “bombabile”, cioè adatto a testate nucleari.
Il direttore dell'agenzia atomica russa Rosatom, Alexei Likhachev, ha firmato con il collega cinese Zhang Kejian, capo dell'agenzia atomica cinese Guojia Yuanzineng Jigou, in inglese China Atomic Energy Authority (CAEA), un accordo denominato “Programma di Cooperazione di Lungo Termine nei reattori veloci”. Esso prevede «espansione della collaborazione nei progetti in atto e in quelli futuri su reattori veloci, produzione di uranio e plutonio, gestione delle scorie». L’accordo intensifica la collaborazione nucleare russa con la Cina «a partire dal 2024 e per i prossimi decenni».

 


Già Rosatom sta aiutando i cinesi a completare i reattori n. 7 e n. 8 della centrale di Tianwan, nel Jiangsu, e n. 3 e n. 4 dell'impianto di Xudabao, nel Liaoning. Ma questi, che saranno completati fra 2026 e 2028 sono normali reattori a neutroni lenti, tipo VVER-1200. Ciò che preoccupa è l'aiuto, in particolare la fornitura russa di “uranio fertile”, per l’impianto a neutroni veloci cinese CFR-600 di Xiapu, nel Fujian, formato da due reattori raffreddati a sodio liquido, il primo dei quali sta entrando in funzione quest’anno, il secondo nel 2025. L’impianto sorge sull’isola Changbiao ed è sorvegliato dai militari.

 

A dicembre 2022 i russi hanno consegnato via nave per la centrale di Xiapu un carico di 6,5 tonnellate di uranio, da cui i reattori veloci ricaveranno plutonio. La fornitura fa parte di un pacchetto da 25 tonnellate di uranio per cui i cinesi hanno pagato 384 milioni di dollari. La carenza di plutonio è stata finora il maggior limite all'espansione dell'arsenale nucleare di Pechino, che fino al 2022 era stimato fra 290 e 350 testate. Ma già nel 2017 la Federation of American Scientists calcolava che la Cina avesse 2 tonnellate di plutonio “bombabile” e 18 tonnellate d’uranio, sufficienti per «450-600 armi». Nel febbraio 2023 il Comando Strategico americano Stratcom ha stimato che «la Cina può aver già superato 400 testate e può arrivare nel 2035 a 1.500 armi atomiche».

 

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