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"Putin noi non lo arrestiamo": Orban sfida l'Europa

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"Non arresteremo Vladimir Putin se entrasse nel nostro Paese". L'Ungheria ha platealmente detto al mondo che intende ignorare il mandato di arresto europeo emesso dalla Corte penale internazionale nei confronti del presidente russo accusato di crimini di guerra per aver deportato illegalmente centinaia di bambini dall'Ucraina.  Il primo ministro Viktor Orban, per voce del suo capostaff Gergely Gulyas, ha spiegato che l'arresto di Putin non ha basi legali. Lo Statuto di Roma che ha creato la Corte Penale internazionale, infatti, non è stato integrato nel sistema legale ungherese poiché "contrario alla Costituzione". "Possiamo fare riferimento alla legge ungherese e sulla base di essa non possiamo arrestare il presidente russo", poiché lo statuto della Corte penale internazionale "non è stato promulgato in Ungheria", ha spiegato Gulyas. 

Un portavoce della Corte Penale internazionale, però, all'Ansa ha confermato che l'Ungheria ha "ratificato il trattato nel 2001" e dunque ha "l'obbligo di cooperare con la Corte nel quadro dello Statuto di Roma". Ma questo è solo l'ultimo di una serie di distinguo di cui si è resa protagonista l'Ungheria di Orban. Come ha riportato Bloomberg, ad esempio, Budapest ha bloccato la pubblicazione di una dichiarazione congiunta dei Paesi membri dell'Ue sul mandato d'arresto spiccato dalla Cpi nei confronti del presidente russo. Al termine del Consiglio Affari esteri e difesa, svoltosi nei giorni scorsi a Bruxelles, l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, ha pubblicato tale dichiarazione a suo nome, e non intestandola a tutti i 27 Paesi membri come auspicato durante la riunione. In precedenza, i ministri della Giustizia di 26 paesi dell'Ue avevano rilasciato una dichiarazione a sostegno dell'indagine della Corte penale internazionale: anche in quel caso, l'Ungheria non ha siglato il documento. E poi ancora l'ingresso di Svezia e Finlandia sotto l'ombrello protettrice della Nato per il quale il governo ungherese deve ancora dare il suo via libera. E infine lo sblocco dei fondi europei: da Bruxelles ripetono che, prima di procedere con la loro erogazione, Budapest è chiamata ad effettuate le riforme previste dal Pnrr ungherese. Da parte sua Viktor Orban tira dritto per la sua strada e su Twitter scrive: "Il Consiglio europeo è in corso. La posizione ungherese è chiara e semplice: no all'immigrazione, no al gender, no alla guerra!". 

 

 

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