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Biden, fucilata alla Cina: "Covid, pronto a svelare tutto"

Joe Biden

Matteo Legnani
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La firma arriva proprio nei giorni in cui il presidente cinese Xi Jinping, in visita dall’amico Vladimir Putin, ha ribadito quanto siano saldi i rapporti tra Cina e Russia, autoproclamandosi ago della bilancia degli equilibri internazionali. È quella che il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha apposto a una legge bipartisan approvata nei giorni scorsi alla Camera dei Rappresentanti, che autorizza il governo federale a togliere il segreto al maggior numero di report dell’intelligence statunitense sulle origini della pandemia da Covid. Il testo, che spinge il direttore dell’Intelligence a rendere disponibili le informazioni raccolte in questi ultimi tre anni, è un duro atto di accusa nei confronti proprio della Cina. Nella dichiarazione con cui ha reso nota la firma della legge, Biden ha infatti parlato di «potenziali legami» tra le ricerche effettuate presso l’istituto di virologia di Wuhan e la diffusione del virus.

 

 

«Abbiamo bisogno», ha spiegato il presidente americano, «di andare a fondo sulle origini del Covid in modo da garantirci migliori possibilità nel prevenire future pandemie», aggiungendo poi che «la mia amministrazione continuerà a revisionare tutte le informazioni secretate sull’origine del Covid, inclusi i potenziali legami con il laboratorio di Wuhan. Nel rendere effettiva questa legge condivideremo quante più informazioni possibile, in linea con i miei poteri dati dalla Costituzione, per proteggere la sicurezza nazionale». La scelta della trasparenza arriva a pochi giorni dalle nuove accuse lanciate a Pechino dall’Organizzazione mondiale della sanità, che ha imputato alla Cina l’aver nascosto alla comunità internazionale una ricerca che legherebbe la trasmissione del virus alla vendita illegale di cani procioni presso l’ormai famigerato mercato del pesce di Wuhan. Le informazioni sui prelievi di campioni effettuati nelle gabbie in cui erano stati tenuti gli animali (che potrebbero essere i cosiddetti “agenti intermedi” nella trasmissione del virus) e sulle successive ricerche sulla sequenza genetica che potrebbe aver innescato il contagio degli umani erano state messe online dai cinesi sul database internazionale Gisaid soltanto lo scorso gennaio, a quasi tre anni di distanza. Non bastasse, poco dopo tutti i dati erano stati rimossi. «Queste informazioni», aveva spiegato il direttore generale dell’Oms, Tedros Ghebreyesus, «dovevano essere rese pubbliche tre anni fa. E ora le prove svanite devono essere ricondivise immediatamente con la comunità internazionale».

 

 

Negli Usa, tre agenzie investigative su quattro ritengono che la trasmissione dagli animali (pipistrelli, procioni) all’uomo sia l’ipotesi più verosimile per spiegare l’innesco della pandemia che ha fatto sette milioni di morti nel mondo. Non è dello stesso avviso l'Fbi, che all'inizio dello scorso febbraio ha rilanciato le accuse nei confronti del laboratorio di Wuhan e le ipotesi di una fuga accidentale del virus. «L’Fbi giudica da tempo che le origini della pandemia siano molto probabilmente da ricercare in un possibile incidente di laboratorio a Wuhan. Qui stiamo parlando di una potenziale fuga da un laboratorio controllato dal governo cinese che ha ucciso milioni di americani» aveva detto il direttore del Bureau, Christopher Wray, parlando anche di un virus «progettato esattamente per quello, cioè per uccidere milioni di persone». Sulla stessa linea si era espresso, pochi giorni dopo, il Dipartimento Usa dell’Energia. In un rapporto di cinque pagine basato su nuove informazioni di intelligence, consegnato all'amministrazione e al Congresso, il Dipartimento spiegava di essere giunto alla conclusione, seppur con «bassa certezza» che il Covid fosse sfuggito al controllo di un laboratorio di ricerca. Tale conclusione sarebbe stata raggiunta sulla base di nuovi elementi non specificati, ma diversi da quelli che avevano già convinto l'Fbi. 

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