Cina, Giulio Sapelli: "Ecco perché Pechino rischia di schiantarsi"
Economista, storico, accademico e dirigente d'azienda, già indicato nel 2018 come possibile Presidente del Consiglio dei Ministri nel ruolo che poi andò a Conte, Giulio Sapelli è un’analista che si è occupato soprattutto delle trasformazioni del capitalismo, ma che anche certe dinamiche oggi al centro della guerra tra Russia e Ucraina le aveva affrontate in vari libri.
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Xi Jinping a Mosca per il suo piano di pace. È un “onesto sensale”, come avrebbe detto Bismarck? Un sostegno a Putin? O invece si sta approfittando delle difficoltà di Putin per satellizzare la Russia?
«Sta perseguendo la linea che, con una serie di mediazioni, hanno deciso all’ultimo congresso, prima del partito e poi del popolo. Cioè, di farsi campioni di un multilateralismo molto diverso da quello di tipo liberista e fondato sui diritti umani, che una parte dei liberal nordamericani hanno inverato in questi ultimi anni. Invece la Cina aspira a essere un punto di riferimento per un nuovo equilibrio mondiale. Dunque ha bisogno di pace, non ha bisogno di guerre, ha bisogno di stabilità nelle relazioni internazionali, e poi soprattutto ha bisogno di stornare dall’Indo-Pacifico forze militari, perché sa che deve compiersi prima a poi il destino nazionale del Partito Comunista, che è quello di ritornare padroni di Taiwan. Questo non lo abbandonano mai. Ma, naturalmente, per fare questo sente la necessità di non aggravare il dominio americano in Europa, e soprattutto quello che il dominio americano tramite le sanzioni porta all’Europa, cioè la distruzione economica della Germania, che per Xi Jinping è invece un alleato industriale consustanziale al suo disegno di diventare un punto di riferimento mondiale».
Scholz reggerebbe il gioco di Xi?
«Il capitalismo cinese non si regge senza le iniezioni tecnologiche e di expertise manageriale del capitalismo teutonico. C’è un grande blocco capitalistico che comincia da Berlino, passa per Mosca e finisce a Pechino via Vladivostok. Quindi è questo che a Xi Jinping interessa. Consolidare la centralizzazione capitalistica che parte da Berlino, passa per Mosca e arriva a Pechino. Questo gli interessa. Per continuare questo è disposto a fare di tutto, anche il mediatore. Ma quello che hanno in mente è di ritornare a essere l’Impero di Mezzo. Punto. E per essere l’Impero di Mezzo hai bisogno di pochi conflitti locali. Questo tra Russia e Ucraina, poi, è addirittura un conflitto internazionale che rischia di diventare mondiale. Quindi porrebbe in pericolo il disegno di centralizzare questo nuovo capitalismo cino-russo-germanico».
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Questo come obiettivo generale. Ma come pensa di arrivarci? Rafforzando la Russia o costringendola a trattare?
«Facendo una mediazione. Io credo che loro vogliano spegnere Zelensky e moderare Putin. Questo è il loro disegno. Zelensky è in gravi difficoltà: uno che arresta il ministro della Difesa perché ruba sul rancio! In Ucraina stanno accadendo cose che non se le immagina nessuno. Vuol dire che c’è una lotta a coltello tra gli oligarchi. Se hanno dovuto arrestare il ministro della Difesa, durante una guerra, accusato di corruzione perché rubava sul rancio ai soldati, vuol dire che in Ucraina c’è una lotta per il potere senza quartiere».
Se è per questo, intanto in Russia vola direttamernte gente dalle finestre. Sono già arrivate a 39 le morti misteriose di oligarchie burocrati.
«In Russia lo sapevamo già che succedono di queste cose. La cosa vergognosa della stampa americana ed europea è che non si dice nulla sul dissenso russo. Perché in Russia c’è una lotta tra oligarchi e un manipolo di eroi che sono gli eredi di Sakharov, gli eredi di Memorial. Quindi a Mosca c’è un dissenso, non è vero che tutti sono con Putin. Ma qua, visto che gli americani spingono per la guerra, non si deve parlare del dissenso russo».
Ma il piano cinese in cosa potrebbe consistere concretamente?
«In cosa deve consistere concretamente lo decideranno i negoziatori. È già importantissimo sapere che Xi Jinping si muova e vada a Mosca pur con questa situazione. E che abbia chiesto di parlare anche con Zelensky. Ci sarà un incontro. Vuol dire che vuole lavorare per una mediazione. Gli ambiti di mediazione sono molto semplici. Alla Russia la Crimea e tutto il resto agli ucraini. Mi pare evidente».
Quindi Putin dovrebbe sgomberare tutto il resto che ha occupato, compreso il Donbass?
«Questo non lo ritengo possibile. Ma sicuramente è da qui che si incomincerà a negoziare. Poi che Putin si beva questa cicuta mi sembra difficile. La guerra sarà lunga. Questa è la prima di una grande mediazione».
Ma anche la Cina intanto ha le sue difficoltà. Covid Zero, crollo dell’economia, problemi demografici...
«Xi Jinping, infatti, fa questo perché in questo momento la Cina è una economia in disgregazione. Non riesce a tirare via i contadini dalle campagne, ha decine di nuove mega-città che dovevano accogliere decine di milioni di abitanti vuote, ha una crisi grave. All’ultimo congresso del popolo non ha voluto presenti i capitalisti High Tech. Quindi vuol dire che c’è un frattura, come si dice nel verbo cinese, “in seno al popolo”. I capitalisti cinesi sono divisi. Ci sono quelli che non vogliono più il controllo del Partito sulle loro aziende e allora lì si apre una lotta per il potere. Xi Jinping è in grave pericolo. Solo la stampa occidentale, poco informata e che non sa il cinese o che non legge le fonti giuste, lo presenta come un vincitore. Invece mi sembra a sua volta in gravi difficoltà».
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