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Usa-Canada, stop a TikTok per "questioni di sicurezza": la furia della Cina

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Maurizio Stefanini
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Ormai, la guerra a TikTok è generalizzata. Unione Europea, Stati Uniti e Canada hanno deciso in vari modi di limitare l’attualità della app che tantissimi giovani utilizzano per fare video, ma che è accusata di fare spionaggio a favore del governo cinese. E il governo cinese si arrabbia. «Un abuso del potere statale», protesta: il che, detto da un regime del genere sa veramente del proverbiale bue che dà del cornuto all’asino. Comunque, la Casa Bianca ha dato alle agenzie federali 30 giorni di tempo per disinstallare TikTok da tutti i dispositivi governativi. Washington ha così dato seguito alla decisione del Congresso che a dicembre aveva votato per vietare ai dipendenti federali di utilizzare l’App cinese sui dispositivi di proprietà del governo, nel timore che possa essere adoperata a fini di spionaggio. Entro 90 giorni le agenzie dovranno includere nei contratti che la app non si potrà usare nei dispositivi e dovranno cancellare tutti i contratti in cui TikTok fosse richiesto.

 

 

 

TikTok è proprietà di ByteDance, società cinese attiva nel settore informatico con sede a Pechino che fu fondata da Zhang Yiming nel 2012. Il 9 novembre 2017 ha acquisito Musical.ly per una cifra di circa un miliardo, unificandola il 2 agosto 2018 all’app TikTok. A novembre 2018 le applicazioni di ByteDance contavano oltre 800 milioni di utenti attivi al giorno. Come molte altre aziende cinesi, ByteDance ha una commissione interna del Partito Comunista Cinese a cui fanno riferimento gli impiegati che sono membri del partito; il vice presidente Zhang Fuping è il segretario di questa commissione. L’azienda ha suscitato l’attenzione dell’opinione pubblica, con accuse di aver collaborato con il Partito Comunista Cinese per censurare e sorvegliare i contenuti relativi ai campi di rieducazione dello Xinjiang e ad altri argomenti ritenuti controversi circa il Partito. A dicembre TikTok ha realizzato un cambio della sua politica di privacy che ha dato ai dipendenti cinesi accesso ai dati degli utenti europei, anche se non è chiaro esattamente a quali, né chi sono questi dipendenti.

Anche il Parlamento europeo vieterà l’uso dell’app sui telefoni del personale per motivi di sicurezza. L’ufficialità della decisione del Parlamento europeo dovrebbe essere annunciata a breve: si applicherà anche ai dispositivi privati con e-mail del Parlamento e altri accessi alla rete installati su di essi. La decisione comunque arriva a una settimana di distanza da quella equivalente presa dalla Commissione Ue e dal Consiglio. Secondo quanto ha spiegato Chris DeRusha, responsabile federale della sicurezza delle informazioni Usa, «l’amministrazione Biden-Harris ha investito molto nella difesa dell’infrastruttura digitale della nostra nazione e nel limitare l’accesso degli avversari stranieri ai dati degli americani». Dunque, «questa guida fa parte dell’impegno costante dell’Amministrazione per proteggere la nostra infrastruttura digitale e proteggere la sicurezza e la privacy del popolo americano».

Anche il Canada lunedì ha annunciato la messa al bando di TikTok dagli apparecchi elettronici governativi. Secondo le autorità di Ottawa, la App per la condivisione di brevi video pone un livello di rischio «inaccettabile» per la privacy e la sicurezza degli utenti e del governo canadesi. Il primo ministro canadese Justin Trudeau ha spiegato che il governo sta lavorando per garantire «la sicurezza dei canadesi online». «Questo potrebbe essere solo un primo passo, o potrebbe essere l’unico passo necessario», ha aggiunto, sottolineando come la rimozione della App dagli apparecchi elettronici di lavoro «spingerà molti canadesi, aziende e singoli individui, a riflettere sulla sicurezza dei loro dati, e forse a compiere scelte conseguenti».

 

 

 

A stretto giro è arrivata la replica della portavoce del ministero degli Esteri cinese nel corso del suo briefing quotidiano. «Ci opponiamo con forza alla pratica sbagliata degli Stati Uniti di generalizzare il concetto di sicurezza nazionale, di abusare del potere statale e di sopprimere irragionevolmente le società di altri Paesi». Appunto, proveniente da un Paese dove pure il minimo di pluralismo che era stato accettato a Hong Kong sulla base del principio “un Paese due sistemi” è stato ora di fatto smantellato perché ritenuto in contrasto con la sicurezza nazionale. Ancora più notevole è che la portavoce si chiami Mao Ning: non una semplice omonima del “Grande Timoniere” ma addirittura una sua parente, anche se alla lontana. Ovviamente, il tema si inserisce in una serie di altre tensioni in corso tra Usa e Cina, a partire dal tentativo di Pechino di accreditarsi come mediatrice nella guerra tra Russia e Ucraina. «La Cina è qualunque cosa eccetto un mediatore onesto», ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price. 

 

 

 

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