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Cina, minaccia navale: cosa schierano in mare, gli Usa hanno paura

Mauro Zanon
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La marina militare cinese è superiore a quella americana. Ad affermarlo non è un membro dell’inner circle del presidente della Cina Xi Jinping, o un alto funzionario di Pechino, bensì Carlos del Toro, ministro della U.S. Navy, ossia della marina militare degli Stati Uniti. «Hanno una flotta più grande ora, dunque dispiegano questa flotta in tutto il mondo. Abbiamo effettivamente bisogno di una marina più grande, abbiamo bisogno di più navi nel futuro, di navi più moderne, che possano rispondere in particolare a questa minaccia», ha dichiarato martedì Carlos del Toro, nel quadro di un incontro con i giornalisti del National Press Club a Washington. «La Cina tenta costantemente di violare la sovranità marittima e il benessere economico delle altre nazioni, compresi i nostri alleati nel Mar Cinese Meridionale e altrove», ha aggiunto il ministro, manifestando i timori dell’amministrazione Biden dinanzi alle mosse del regime di Pechino e alla sua insidiosa force de frappe. Secondo le cifre diramate da Del Toro, la Cina ha le potenzialità per mettere in servizio 400 navi nei prossimi anni, rispetto alle 340 attuali. La marina militare americana, invece, conta per ora meno di 300 navi. Stando allo U.S. Navy’s Navigation Plan 2022 presentato la scorsa estate, l’obiettivo del Pentagono è quello di avere a disposizione 350 navi entro il 2045, cifra comunque inferiore alla proiezione cinese. Ciò che permette a Pechino di accelerare il suo ritmo di produzione di navi, secondo quanto affermato dal segretario americano, è la grande quantità di manodopera a disposizione.

 


SENZA REGOLE - «Hanno 13 cantieri navali, e in alcuni casi il loro cantiere navale ha più capacità di tutti i nostri cantieri messi assieme. Ciò rappresenta una vera e propria minaccia», ha spiegato Del Toro, sottolineando che la Cina ha un vantaggio perché priva delle restrizioni, dei regolamenti e delle pressioni economiche che incidono sul lavoro negli Stati Uniti, e può fare cose che oltreoceano non si possono fare. «Sono un paese comunista, non hanno regole da rispettare», ha tuonato il segretario della marina americana, prima di aggiungere: «Usano schiavi per costruire le loro navi. Non è questo il modo in cui dovremmo lavorare, mai, ma è quello che dobbiamo affrontare. Rappresenta un vantaggio significativo (per la Cina, ndr)», ha affermato Del Toro. L’altro grande problema negli Stati Uniti è trovare manodopera qualificata. «Quando hai una disoccupazione inferiore al 4%, diventa una vera sfida sia trovare lavoratori per un ristorante sia trovare lavoratori per un cantiere navale», ha dichiarato il numero uno della U.S. Navy. La Cnn ha provato a contattare il ministero degli Esteri cinese per un commento sulle dichiarazioni di Del Toro, ma senza ricevere risposta. Alcuni analisti hanno espresso tuttavia i loro dubbi in merito alle frasi sullo “slave labour”. «La Cina ha un bacino di manodopera molto vasto a disposizione e non avrebbe veramente senso usare degli schiavi in un settore altamente tecnologico che è vitale per la sicurezza nazionale cinese», ha dichiarato alla Cnn Blake Herzinger, esperto di difesa nell’Indo-Pacifico presso l’American Enterprise Institute.

 


 

«SUICIDIO AMERICANO» - Secondo Herzinger, affermazioni come quelle del capo della marina sono indicative di uno schema in cui l’attenzione di Washington è rivolta verso il posto sbagliato e verso i veri problemi, ossia le capacità di produzione interne e gli errori strategici. «Purtroppo accade frequentemente che la leadership della U.S. Navy lanci pietre contro difetti reali o immaginari nei cantieri navali cinesi, invece di fare i conti con i fallimenti degli Stati Uniti nella concezione, nella progettazione e nella costruzione di navi per la propria Marina nel corso degli ultimi due decenni», ha dichiarato Herzinger. Del Toro, durante l’incontro con i giornalisti, ha comunque sottolineato che, nonostante il numero inferiore di navi, la Marina americana è «più moderna, più abile e più letale» di quella cinese. Le sue parole, ad ogni modo, lasciano trasparire le paure di Washington per la minaccia cinese. Ieri, a Mosca, il capo della Diplomazia del Pcc, Wang Yi, ha incontrato il presidente russo Vladimir Putin per parlare della proposta di Pechino per la pace nel conflitto ucraino. Bisogna «creare le condizioni per il dialogo e il negoziato», ha detto Wang Yi. Ma dietro la neutralità di facciata, Washington teme un aiuto della Cina alla Russia in termini di armi, con conseguenze pericolosamente imprevedibili.

 

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