Vladimir Putin, "quanto è messo male": caos al Cremlino
Tra i più noti commentatori di temi relativi alla ex-Urss alle tv italiane, di origine georgiana, Nona Mikhelidze è responsabile di ricerca dell’Istituto Affari Internazionali, per cui ha diretto il Programma Eurasia.
Un anno di guerra. Quali sono le prospettive?
«Quello che possiamo dare per certo è che la guerra durerà nel corso del 2023. Alla Conferenza sulla sicurezza europea che si è tenuta a Monaco nel week-end quasi tutti i leader si sono accordati per prepararsi su una guerra lunga. Fa eccezione Zelensky, che rimane ottimista e assicura che l’Ucraina farà di tutto per chiudere la partita entro la fine dell’anno. Ma l’approccio europeo e occidentale è ormai quello di adattarsi a una guerra lunga».
Questo approccio indica una evoluzione?
«È cambiata la prospettiva e visione delle cose da parte dell’Occidente. Nei mesi passati quello che abbiamo visto erano aiuti occidentali militari seguiti da una narrativa secondo cui noi stavamo armando l’Ucraina per permettere al Paese di difendersi, e eventualmente per rafforzare la sua posizione, al fine di arrivare a un eventuale tavolo di negoziati su una posizione di forza. Ma adesso, per la prima volta, a Monaco abbiamo sentito la parola vittoria. Prima non si diceva: l’Ucraina deve vincere. Qua è stato invece il ministro della Difesa tedesco che ha detto, testuali parole, “l’Ucraina deve vincere”. E che il concetto “pace in cambio di territori” non può funzionare, perché se accediamo a questo principio vuol dire che la Carta delle Nazioni Unite non esiste più. Poi Macron ha detto: “la guerra imperialista e colonialista di Putin deve fallire”. Anche lui ha twittato “l’Ucraina deve vincere la guerra”. Scholz ha inoltre aggiunto: “noi siamo i primi donatori nel Continente Europeo a mandare armi all’Ucraina”. Ovviamente poi ci sono state le voci di Baltici e Finlandia, ma loro comunque hanno parlato fin dall’inizio di vittoria, e non di Ucraina deve difendersi e basta. Non è sorpresa che lo dicessero i polacchi: è sorpresa che lo abbiano detto i grandi della vecchia Europa».
Come è che si è arrivati a ciò?
«Sono state due cose, secondo me. Una che, per quanto il dibattito italiano abbia insistito sull’Europa che non si è fatta avanti con iniziative diplomatiche e ha seguito gli Stati Uniti e basta, in realtà l’Europa in questa guerra si è affermata come attore geopolitico, anche molto forte, che ha fatto anche le sue mosse diplomatiche. Sia prima della guerra: ricordiamo il gennaio 2022, con tutti questi avanti e indietro da Putin, con le innumerevoli chiamate di Macron. Sia, presumibilmente, dopo. Secondo me ci sono stati vari tentativi di interagire con la Russia, ma la Russia durante questi mesi ha mantenuto il suo approccio. Cioè: “sì al negoziato per accettare la realtà, che noi russi abbiamo già preso Zaporozhzhia, Kherson, Lugansk, Donetsk e Crimea. Quello ormai è nostro, possiamo negoziare su altro”».
Cosa è cambiato?
«Secondo me, gli occidentali sono arrivati alla consapevolezza che i russi non hanno nessuna intenzione di negoziare seriamente, ed è pure evidente che a questo punto politicamente per Putin sarebbe insostenibile fare un passo indietro. Poi è arrivata anche una seconda consapevolezza, sulla sotto-performance dei militari russi e della loro possibilità. Anche qui, in Italia una certa narrazione ha insistito sul fatto che la Russia è il secondo potere militare del mondo. Una superpotenza con risorse e materiale umano inesauribili. Invece, è da sei mesi che è bloccata a Bakhumt, e al suo interno ci sono anche chiari segnali di scollamento C’è poi anche una terza nuova consapevolezza: la capacità di resistenza e resilienza ucraina, sia militare che civica».
E vincerà l’Ucraina?
«La palla di cristallo non la ha nessuno, però almeno in questo modo si è definito l’obiettivo. Prima non si sapeva cosa volesse dire vittoria. Tornare ai confini del 24 febbraio? Tornare ai confini del 1991? Victoria Nuland nell’intervista con Cnn ha ora detto che quello la Crimea è territorio ucraino, e quindi gli ucraini hanno il pieno diritto di usare missili e altre armi sul loro territorio. Questo è il punto, che ci porta anche all’allargamento del tipo di armi che vengono spedite. Adesso l’annuncio è che l’Occidente si è impegnato a mandare 700 carri armati. Dunque, è chiaro che l’Occidente sta aiutando l’Ucraina a fare questa controffensiva. Vediamo quando arriva. A marzo arriva la rasputiza, il periodo dei fanghi. Secondo me dovranno aspettare fino a fine aprile o maggio per questa controffensiva».
Intanto c’è stato il nuovo discorso di Putin...
«Due ore da cui emerge che non ha più niente da dire. La batteria è completamente scarica, salvo la capacità di creare il panico in anticipo. Anche qua in Italia, in tanti aspettavano: oddio, cosa dirà domani Putin? Ci avevano messo anche un countdown al discorso. Ma ormai Putin non ha neanche più quella carta della imprevedibilità, che in passato riusciva sempre a giocare. Ha ripetuto lo slogan che l’Occidente non ha più valori perché è in mano a gay e pedofili, e che la Russia è invece legata ai veri valori cristiani. Ma non ha parlato di successi, perché non li ha. Non ha detto niente sulla offensiva che arriva o non arriva».
Qualcuno si aspettava che avrebbe trasformato l’operazione militare in guerra vera e propria...
«Però non è successo neanche questo. A un certo punto ha infatti detto che ci saranno elezioni, che la guerra avrebbe rinviato. Ha pure ammesso che il livello delle sanzioni era inaspettato, si è vantato di avervi risposto bene, ma quando ha detto che non intende incrementare il finanziamento del settore di sicurezza a discapito del settore economico ha riconosciuto che anche lì non ha più spazi di manovra. L’unico effetto a sorpresa è stato l’annuncio della sospensione dell’accordo New Start, ma tanto la Russia non permetteva di fare ispezioni. E comunque non è una uscita».