Moldavia, "per favore invadici": chi chiama l'invasione di Putin
Ci sono sondaggi russi che sostengono come l’approvazione per Putin abbia mantenuto più o meno sempre la stessa altissima percentuale dall’inizio della guerra. Si parla dell’82% attuale contro l’83% di febbraio scorso, con solo una leggera flessione al 77% tra settembre e ottobre scorso. C’è una narrativa russa al limite del surreale, diciamo Bulgakoviana, che sostiene che un milione di cittadini americani sogna di trasferirsi in Russia ma non può, e non per la guerra e per la tensione tra i due Paesi, ma per colpa della legislazione russa sull’immigrazione. «Folle di migranti», assicura la storica testata Komsolmolskaja Pravda, che non vedono l’ora di abbandonare i vizi e i pericoli americani per rifugiarsi tra le braccia consolatrici di Putin.
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Ci sono poi gruppi ben nutriti di manifestanti che vagano per le capitali e le città europee, in particolare a Monaco dove si è svolta la Conferenza perla sicurezza, chiedendo la pace ma che sotto sotto sognano la vittoria della Russia. Sono i “matti di Putin”, quelli che in Moldavia si sono riuniti davanti al Parlamento di Chisnau invocando l’arrivo dell’armata dalla vocale intercambiabile. Lì, nel Paese di gran lunga più povero d’Europa, è facile far leva con la propaganda, specie da quando le bollette prosciugano il 70% delle entrate familiari. Dietro a questi manifestanti c’è l’opera instancabile del partito filo-russo Sor che con fondi provenienti da Mosca si è anche premurato di organizzare e sponsorizzare le migliaia di pullman con i quali sono arrivati nella capitale.
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Secondo il presidente Maia Sandu peraltro Mosca non si sarebbe solo premurata di mandare i manifestanti a Chisnau e di assicurare loro trasferta e vitto, ma avrebbe inviato in Moldavia anche sabotatori addestrati da militari pronti a rovesciare il governo. Marina Tauber, segretaria generale del Sor, ha detto che il suo partito non è contrario all’Ue e vuole buoni rapporti con tutte le parti, ma molti dei militanti sono di tutt’altro parere, sostenendo che sotto Putin si vive molto meglio e che in ogni caso sarebbe inutile opporsi perché i russi conquisterebbero il Paese in mezza giornata. Va bene, siamo in Moldavia, un tempo ben al di là della “cortina di ferro”, ma che ci fossero centinaia di migliaia di americani seppur di origine russa che vorrebbero emigrare nella terra degli avi si stenta a crederlo. Anche la giornalista Dina Karpitskaya della Komsolmolskaja fa finta di meravigliarsi partecipando a un evento alla Duma al quale non si aspettava di trovare i «rifugiati dai paesi della Nato», i fortunati che ce l’hanno fatta e che erano lì per aiutare gli altri russi rimasi in America.
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Pare siano almeno 17mila, ma la fila dall’altra parte del mondo sarebbe lunghissima. Un milione, forse di più. E che cosa li spinge a scappare da quel Paese nel quale i loro nonni o padri erano fuggiti in cerca di libertà e benessere? «Qui è più sicuro, l'istruzione è migliore, c'è sostegno per le famiglie numerose. E, soprattutto, c’è il divieto di propaganda LGBT», ha spiegato uno dei nuovi russi. Mentre un’altra ha mostrato a Dina una mappa degli Usa con indicate le località dove si può trovare una clinica per il cambio del sesso, decine, centinaia. Insomma per i “rifugiati della Nato” tra Stati Uniti e Russia non c’è molta differenza, «sono due grandi Paesi cristiani», ma sono i primi che stanno perdendo la loro identità ed è la seconda invece che rappresenta la nuova frontiera della libertà. Propaganda? Probabilmente vista la fonte, ma c’è anche da dire che domenica scorsa non si manifestava solo in Europa, ma anche in America. Migliaia di pacifisti sotto l’insegna di “Rage Against The War Machine” che chiedono la fine della guerra e degli aiuti a Kiev.