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Terremoto in Turchia, sembrano tutti buoni ma è politica

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Mirko Molteni
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Di fronte al dramma delle popolazioni di Turchia e Siria è triste ammettere che il terremoto fa “miracoli” di pace, laddove la diplomazia umana fallisce. La gara di solidarietà ha mobilitato 70 Paesi e vede schierati dalla stessa parte Stati insospettabili. A cominciare dai due grandi nemici, Russia e Ucraina. Mosca ha inviato aerei Ilyushin-76 con squadre del Ministero delle Emergenze, in particolare, in Turchia 100 soccorritori che da Adana si sono spinti a Maras, e in Siria altri 50 tecnici. Anche Kiev tende la mano, nonostante abbia le sue città bombardate, e il ministro degli Esteri Dmitro Kuleba assicura che «collaboriamo coi turchi per dispiegare i nostri soccorsi».

 

 


Ankara, del resto, ha mediato fra i due nemici, propiziando il patto di luglio 2022 sull'export del grano e coltiva ancora ambizioni da mediatrice, posizione che evidentemente frutta. Dagli Usa, guida di una Nato a rischio di conflitto mondiale con la Russia, arrivano pure in Turchia 150 soccorritori, che magari scaveranno le macerie gomito a gomito coi russi. La Grecia che, pur condividendo coi turchi l’appartenenza alla Nato è loro rivale storico, ha mandato su un aereo C-130 militare 21 soccorritori. Il premier di Atene Kyriakos Mitsotakis, promettendo ulteriori invii, ha detto: «Credo di parlare a nome di tutto il parlamento greco nell'esprimere tristezza per le vittime del sisma in Turchia».

 

 


Musica per il presidente turco Recep Erdogan, se si pensa che poco tempo fa navi greche e turche erano pronte a spararsi per le isole dell'Egeo e i giacimenti del fondo marino. Perfino l'Armenia, da anni in guerra intermittente con l'Azerbaijan satellite della Turchia, promette aiuti ai terremotati, come ha dichiarato il ministro degli Esteri di Yerevan, Ararat Mirzoyan.Prova del nove della “diplomazia sismica” è ancor più la Siria, con l'eccezione dell'Unione Europea, che fa la snob. Da Bruxelles è venuto infatti il via libera agli aiuti UE alla Turchia, valutati in 28 squadre da 21 Paesi per totali 1200 soccorritori e 79 cani. Ma perla Siria spaccata dalla guerra civile e governata dal regime di Bashar el Assad, il portavoce della Commissione europea Eric Mamer dice: «Le squadre di soccorritori hanno bisogno dell'autorizzazione e del sostegno delle autorità siriane. Per questo lavoriamo su richiesta dello Stato». Cioè, deve chiedere prima Assad, che resta sotto sanzioni. Ha fatto più bella figura il presidente egiziano Abdel Fatah Al Sissi, che ha telefonato direttamente ad Assad, parlandoci per la prima volta da 10 anni, e proponendo l'aiuto del Cairo, oltre a esprimere cordoglio. Per Damasco, anche gli Emirati Arabi Uniti stanziano 13 milioni di dollari. Spicca la disponibilità di Israele, nonostante sia di fatto in guerra con Assad e i suoi alleati iraniani, con frequenti attacchi aerei. Israele sostiene che Damasco le ha chiesto aiuto ed è pronta ai soccorsi, anche se la Siria nega per non indispettire Teheran.

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