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Turchia, scatta l'allarme: "Rischio Big One", cosa può succedere

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La situazione sismica in Turchia e in Siria continua ad essere critica e le preoccupazioni crescono. Soprattutto per Istanbul che potrebbe essere completamente rasa al suolo. Il perché lo spiega al Corriere Alessandro Amato, dirigente di ricerca all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv). "L’energia accumulata dallo spostamento della placca anatolica richiede ancora tempo per essere liberata, come dimostra il continuo ripetersi delle scosse che anche ieri è continuato con un ritmo sostenuto mantenendosi a un livello di 4.7 della scala Richter", dice Amato. "Per questa ragione si guarda con apprensione alla faglia a soli 20 chilometri da Istanbul lungo la quale sono già avvenuti nel tempo 12 terremoti e dove la gente vive in una condizione ad alto rischio aspettando un Big One come in California". 

 

Del resto, fa notare il dirigente dell'Ingv "si stima che siano circa 400 le faglie attive, alcune giudicate più pericolose come quella ben nota a sud di Istanbul, poco distante dalla città, per la quale i dati raccolti ci dicono che un giorno si romperà generando un serio terremoto". Se le previsioni restano purtroppo impossibili, un’analisi della situazione può fornire qualche indizio sull’evoluzione del fenomeno. "L’intensità delle scosse che continuano suggeriscono che l’attività sismica proseguirà. Non è irragionevole pensare a una continuazione per giorni o settimane o forse qualche mese". 

 

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