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Ucraina, "provano a sfondare a Bakhmut": la mossa di Putin

Mirko Molteni
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Dato il prossimo arrivo alle forze ucraine di missili con portata di 150 km, ieri il vicepresidente del Consiglio di sicurezza del Cremlino, Dimitri Medvedev, ha sventolato ancora l’opzione nucleare, «in caso di attacco ucraino in profondità alla Crimea e ad altri territori della Russia». Fedele alla parte del falco ultras, ha detto: «La nostra risposta può includere ogni tipo di armi. E sarà una reazione rapida, dura e convincente». Medvedev ha ricordato: «Secondo la nostra dottrina, la Russia può usare armi nucleari se armi nucleari o altre di distruzione di massa vengono usate contro la Russia o suoi alleati, se riceve informazioni verificate sull’avvio di missili balistici verso la Russia o suoi alleati, in caso d'aggressione convenzionale se l'esistenza dello Stato è in pericolo».

Lo Stato Maggiore ucraino conferma che l’esercito russo continua a premere su Bakhmut, aggirandola e mirando a tagliare un'importante strada di rifornimento. Ma cerca anche d'avanzare nelle direzioni di Lyman, Avdiiv e Novopavliv, pur «subendo pesanti perdite». Mosca vuole sfondare prima che arrivino le nuove armi occidentali e il suo ministero della Difesa sostiene che le forze ucraine si starebbero già preparando al ritiro da Bakhmut.

 

In effetti, il presidente ucraino Volodymir Zelensky ha ieri messo le mani avanti, asserendo che «a Bakhmut nessuno si arrenderà, resisteremo finché potremo». E aggiungendo, quasi a voler responsabilizzare l'Occidente di un'eventuale caduta della città: «Se le consegne di armi, specie quelle a lunga gittata, verranno accelerate, non solo non ci ritireremo da Bakhmut, ma inizieremo a liberare il Donbass». Zelensky ha reiterato al presidente del Consiglio Europeo Charles Michel la richiesta di far accedere l’Ucraina all'Unione Europea al più presto.

Ma la Russia, pur con alti costi umani e materiali, non demorde, avendo alle spalle il colosso cinese. Mentre si rialzava la tensione fra Cina e Stati Uniti, infatti, il Wall Street Journal ha ieri rivelato che un’analisi dei registri doganali russi effettuata dalla società C4ads dimostra che Pechino sta rifornendo Mosca in tecnologia militare. Come già si sospettava, i cinesi effettuano «migliaia di spedizioni di apparati per la navigazione, componenti di aerei da combattimento e altra tecnologia a società di difesa di proprietà del governo russo sotto sanzioni».

 

Intanto, il generale russo Igor Konashenkov ha annunciato che forze russe «hanno scacciato le truppe ucraine dalla periferia di Dvurechnoye, nella regione di Kharkiv», mentre sul fronte del Lugansk «la nostra antiaerea ha abbattuto 13 droni ucraini, 4 razzi Ohlka e Himars e un missile Tochka-U». Il deputato ucraino YaroslavZheleznyak anticipa che «dal 19 febbraio estenderemo di altri 90 giorni la legge marziale e la mobilitazione». La regione russa di Belgorod decide di «tenere al più alto livello lìallerta terrorismo», essendo confinante con l’Ucraina e avendo subito già attentati da parte di infiltrati, come sostiene il governatore Vyacheslav Gladkov, che ha citato «un incendio venerdì notte in un'industria di Borisovka». Se non altro, uno scambio di prigionieri dovuto alla mediazione degli Emirati Arabi Uniti ha portato alla liberazione incrociata di 116 soldati ucraini e 63 russi.

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