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Vittorio Feltri: "Occhio, chi sfida l'islam rischia grosso anche in Italia"

Vittorio Feltri
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Alcuni anni orsono, quando ancora ero iscritto all'Ordine nazionale dei giornalisti, fui processato dalla ridicola corporazione. Capo di imputazione: avevo aspramente criticato la cultura islamica, nel senso che avevo raccontato in modo schietto le malefatte di cui gli adoratori di Allah sono specialisti. E mi riferivo alle Torri Gemelle, ma anche a quanto succede non solo in Italia, che ospita migliaia di maomettani: in certi Paesi del Medioriente e dell'Asia vengono uccisi più cristiani che ovini. Il che non depone a favore dei musulmani che anche da noi, nelle loro moschee, predicano male e razzolano peggio.

 

 

 

Per rimanere all'attualità, non scopro l'acqua calda se rammento ciò che accade in Iran dove la polizia spara in faccia alle ragazze accusate di ribellarsi al maschilismo più obbrobrioso e crudele. Mi auguro che le iraniane riescano a rovesciare il regime folle, ma le speranze sono poche dato che l'autorità politica è invasata da un malinteso senso religioso, in contrasto con la cultura occidentale. In Afghanistan peggio che andare di notte, le scuole sono addirittura sotterranee allo scopo di poter insegnare alle fanciulle, condannate dai pazzi di Kabul all'ignoranza che favorisce il dominio maschile. Proprio ieri si è diffusa la notizia che in Nigeria, nel silenzio generale, in un solo anno e mezzo sono stati assassinati 7.600 cristiani considerati nemici dell'Islam. Si potrebbero citare molti altri casi di stragi ma non fanno notizia, ormai ci siamo abituati a considerare ciò che accade in certi Paesi lontani dal nostro come manifestazioni folcloristiche, indegne di essere prese sul serio.

 

 

Eppure le mani insanguinate dei musulmani hanno colpito recentemente anche in Italia. Qualche mese fa un contadino pakistano ha ucciso la figlia, Saman, perché refrattaria a contrarre matrimonio combinato con un connazionale. Il padre l'ha massacrata e sepolta in un casolare nel tentativo vano di nascondere il cadavere. Poi l'uomo è fuggito con la moglie in Pakistan la cui giustizia difficilmente gli infliggerà una pena adeguata. Noi abbiamo chiesto l'estradizione dell'assassino. Campa cavallo. Non succederà niente. Ho accennato a pochi casi per non annoiare il lettore, però una chiosa me la dovete permettere. L'Ordine, dal quale mi sono trionfalmente dimesso, mi rifilò una condanna denominata censura per aver descritto in toni civili i disastri attribuiti al terrorismo islamico. Non mi aspetto che i colleghi dirigenti della corporazione mi chiedano scusa, ma prendano atto di aver colto un granchio. 

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