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Harry e Meghan, "una boiata reale": il rovinoso disastro della coppietta

Daniele Priori
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«Nessuno sa tutta la verità. Noi la sappiamo». Garantiscono Harry e il marchio di Netflix che già da solo è garanzia di successo internazionale. Oggi è il grande giorno dell'uscita, sulla piattaforma statunitense, della prima parte di Harry & Meghan, docuserie in sei puntate dedicata alla discussissima coppia (non più) reale di casa Windsor. A dettare tempi, toni, inquadrature, però, resta palesemente lei: l'ex attrice Meghan Markle, moglie del secondogenito di Carlo e Diana d'Inghilterra che racconta, si commuove, a tratti sembra recitare il copione mandato a memoria di quello che le due ex altezze reali definiscono "il gioco sporco" del quale sono stati vittime a palazzo. Una storia chiacchierata. Sbagliata per molti sudditi inglesi che rende Meghan, più che un'eroina dei diritti, una sorta di mesto specchio del "metodo Soumahoro", cui stiamo assistendo in Italia, a proposito di disintegrazione razziale.

Tuttavia, pure se Meghan non pare si spogli a favore di telecamera, (come invece ha fatto la moglie del deputato nostrano con gli stivali), l'obiettivo chiaro del "docudramma" è certamente quello di mettere a nudo casa reale o quello che resta della reputazione dei Windsor, seppellita anche nonna Elisabetta che dello standing e della credibilità della monarchia inglese era rimasta l'unico vero contrafforte.

 

 

 

MATRIMONIO TRAVAGLIATO

Quanto alla serie, è bastato il semplice teaser-trailer da un minuto e mezzo, diffuso nelle quarantotto ore precedenti all'uscita, a intercettare il sentiment degli spettatori, inglesi e non solo, su quello che si annuncia come l'ennesima narrazione del travagliato matrimonio tra il duca e la duchessa del Sussex. Il principino dai capelli rossi, un tempo ribelle, oggi è molto più quieto e innamorato o rassegnato al ruolo di fido tappetino della moglie che ha scelto l'ascensore sociale di Buckingham Palace per arrivare a calcare, chissà, i red carpet più prestigiosi di Hollywood, in California, dove in effetti i Sussex hanno riparato. I toni utilizzati, anche quelli già criticatissimi, sono tra il drammatico e l'apocalittico con Lady Diana che continua a comparire sullo sfondo delle parole di Harry, il quale avrebbe scelto di fuggire da Londra «per evitare che la storia si ripetesse».

Ma questa è cronaca da british tabloid. Drammatica quanto abbastanza abituale. In quel rosa scuro che da sempre colora l'orizzonte della capitale britannica. Quello a cui, invece, gli inglesi non sono abituati e pare stiano reagendo con una antipatia e un fastidio crescenti, è che la partita si sia spostata completamente oltreoceano. Nelle ex colonie statunitensi e repubblicane che Casa Reale ha guardato sempre con malcelata sufficienza.

 

 

 

TUTTI I COMFORT

I Sussex, infatti, nel loro "docudramma" parlano, ovviamente, dalla loro reggia posh di Montecito, senza galloni nobiliari ma provvista, come detto, di tutti gli altri comfort. E confortati anche da un prestigioso premio consegnato loro proprio in queste ore a New York: il "Ripple of Hope" della Fondazione Robert F. Kennedy per i diritti umani, andato prima di loro a Obama e Hillary Clinton, e motivato per l'impegno degli ex reali contro il razzismo. Rivalsa sottolineata dall'evidente omaggio a Lady D. presente nel vestito indossato da Meghan alla serata di gala che lasciava scoperte le spalle. Proprio come aveva fatto la illustre suocera in segno di rottura definitiva dell'etichetta reale dopo il tradimento, confessato in tv dal marito Carlo, con l'attuale regina consorte, Camilla. Corsi e ricorsi storici, omaggi fashion cui, sempre negli Usa, a Boston, poche ore prima aveva accennato anche la principessa erede, Kate Middleton, premiata a scapole lasciate nude da un abito verde in nome dell'impegno, molto più vicino al trono di Re Carlo, dalla parte dell'ambiente. Che gli streaming si accendano, insomma, e lo sputtanamento continui. 

 

 

 

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