Mariupol, la foto dal satellite mostra il vero piano di Putin
Una foto satellitare, scattata a Mariupol dalla società di osservazione Maxar, è la prova dei veri piani della Russia in Ucraina: altro che ritirata, le truppe di Mosca contano di restare nei territori occupati ancora a lungo, respingere la controffensiva di Kiev e se possibile allargare di nuovo le aree della propria presenza.
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Il Cremlino ha infatti deciso di consolidare la propria presenza militare a Mariupol costruendo una grande base militare "per il popolo", come pomposamente annunciato dalla propaganda. Mariupol è la città dell'est dell'Ucraina affacciata sul Mar Nero, drammatica protagonista dell'assedio durato mesi alle acciaierie Azovastal, battaglia campale tra russi, ceceni e ucraini del Battaglione Azov. E ora, dopo la fuga russa da Kherson, di fatto il baluardo difensivo per evitare un assalto ucraino alla penisola della Crimea.
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Anche a Mosca, intanto, come sottolinea il Corriere della Sera si respira un'aria da "o la va o la spacca". A chi immagina prospettive di dialogo o negoziato considerato lo stallo militare in Ucraina, rispondono due voci molto famose della tv russa, autentico megafono di Vladimir Putin. La direttrice di RT Margarita Simonyan ha ricordato ai telespettatori: "Ce ne dobbiamo assolutamente infischiare di quello che pensano di là, in Occidente. E alle persone, compreso chi appartiene a circoli molto alti, che temono un processo alla Corte penale internazionale dell'Aia, rispondo che bisogna temere invece la sconfitta. Se ci riduciamo a fare concessioni, finirà alla sbarra anche il netturbino che spazza il lastricato dentro le mura del Cremlino".
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Le fa eco la collega Olga Skabeyeva, conduttrice del più seguito talk show pomeridiano di Rossiya1. "Se il nostro Paese non riuscirà a vincere, allora ognuno di noi russi rischierà di finire all'Aia. Tutti saremo colpevoli. Per questo bisogna aumentare a più non posso le azioni di guerra, in modo tale da costringere l'Occidente a pregarci di firmare un armistizio o un accordo di pace". La linea dettata dal Cremlino è chiara: vietato parlare di resa, a Mariupol come a Mosca.