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Alessandro Sallusti, "nulla è impossibile": Russia, cosa sta succedendo

Alessandro Sallusti
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Un "incidente", un "attacco deliberato" o una "bieca provocazione"? Due missili russi sono piovuti su un villaggio polacco al confine con l'Ucraina provocando la morte di due contadini. Una tragedia che potrebbe portare Varsavia, membro Nato, a chiedere agli alleati del Patto atlantico l'intervento militare in propria difesa contro Mosca aprendo di fatto le porte all'allargamento mondiale del conflitto. Tutto questo mentre al G20 di Bali i leader del Mondo stanno faticosamente cercando di tenere aperti gli spiragli di tregua, con segnali che sembravano confortanti sia da Kiev sia da Mosca. Ma il caso polacco rischia ancora una volta di complicare drammaticamente il quadro. Di seguito, l'editoriale del direttore Alessando Sallusti pubblicato su Libero del 15 novembre.


A Kherson, liberata dai russi, gli ucraini si abbracciano per le strade, ad Ankara gli inviati di Russia e Usa si parlano in cerca di una soluzione per l'Ucraina, a Bali il presidente Biden e quello cinese Xi si incontrano e discutono, se non proprio di pace, almeno di non guerra. E per la prima volta il leader ucraino Zelensky si dice "pronto per la pace". Incrociamo le dita ma la giornata di ieri potrebbe aver segnato una svolta nel difficile percorso di riportare un po' di ordine nel mondo. Il condizionale è d'obbligo ma verrebbe da dire alla Galileo "eppur si muove", riferito non alla terra rispetto al sole ma alla lobby del potere rispetto alla terra.

 

 

 

Non so in quanto tempo possa accadere ma se in Ucraina si arrivasse a un cessate il fuoco lo si dovrà alla politica della fermezza messa in campo contro l'invasore Vladimir Putin, fermezza che ha messo a nudo la debolezza del suo apparato militare - un gigante dai piedi di argilla - figlia della corruzione economica e morale che si è radicata in tutti i campi della società russa. In questo senso i continui appelli del mondo catto-pacifista a disarmare l'Ucraina senza se e senza ma come unica soluzione al conflitto appaiono oggi più che mai fuori tempo e fuori luogo, direi al limite della complicità con l'invasore.

 

 

 

È insomma il tempo di serrare le fila, non di cavalcare i sogni credendo di poterli trasformare in fatti: che piaccia o no la pace la si ottiene con la forza, certamente anche con la forza del dialogo ma a patto che si discuta con la pistola ben in vista sul tavolo, e questo deve valere nei confronti di entrambi i contendenti. In altre parole bisogna rendere conveniente sia alla Russia che all'Ucraina finirla lì e a questo non si arriva, detto con rispetto, né con marce della pace equidistanti, né con una omelia, tantomeno con iniziative parlamentari - tipo quelle che hanno in animo di fare in Italia i Cinque Stelle - che mettono in discussione la compattezza del blocco Nato.

 

 

 

 

Non voglio farla facile, perché facile non è. Ma se America, Cina, Turchia e Russia iniziano a parlarsi, direttamente o per interposta persona, e se l'Europa non arretra di un centimetro, bè è il segnale che nulla è impossibile, neppure che Putin da un verso e Zelensky dall'altro accettino, cosa impensabile fino a ieri, di scendere a miti consigli. 

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