Putin "sta per tagliare la sua testa": chi verrà subito eliminato
Il generale Sergey Surovikin, comandante di tutta quella che il Cremlino chiama “operazione speciale”, è divenuto il volto della sconfitta militare russa in Ucraina. È proprio a lui, al "generale Armageddon" - soprannominato anche "Napoleone siriano" per via delle le stragi di civili praticate in Siria nel 2015 - che Vladimir Putin affida l'ingrato compito di annunciare la ritirata dell'esercito russo dalla martoriata città di Kherson. Insieme a Surovikin, anche Sergey Shoigu, ministro della Difesa della Federazione Russa, il quale ha comunicato, in diretta televisiva, l'inizio del ritiro delle forze militari dalla riva occidentale del Dnepr dopo il via libera del comandante delle forze russe in Ucraina. Da lì, poi, l'ordine di stabilire una nuova linea di difesa sulla riva orientale del fiume Dnepr.
Una mossa questa che denota difficoltà e che potrebbe essere un possibile punto di svolta nel conflitto. Kherson è infatti la più grande città conquistata dai russi nelle prime settimane dell'invasione e la capitale della regione omonima, una delle quattro di cui Putin proclamò l'annessione a settembre dopo il referendum.
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Eppure, l'annuncio della ritirata da Kherson da due degli uomini più fedeli a Putin non viene visto positivamente da Kiev. Il fatto di essersi serviti della televisione renderebbe il tutto così plateale e scenografico da farlo sembrare finto. Infatti, il presidente Volodymyr Zelensky, tramite il suo consigliere, ha dichiarato di "non fare caso alle dichiarazioni russe, le parole e le azioni divergono, una parte cospicua delle truppe rimane a Kherson". Si parla perfino di uno "show allestito appositamente" da parte della portavoce delle truppe ucraine Natalya Gumenyuk. La componente mediatica e propagandistica, quindi, è importante quanto quella militare per Kiev, che non si lascia andare a facili entusiasmi.
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Tuttavia, l'ipotesi che la resa da Kherson sia concreta non si può negare, in quanto a parlare è la realtà stessa dei fatti. Kherson non si poteva più tenere, almeno da quando, a luglio, l’Ucraina aveva cominciato a bombardare i suoi ponti con i missili americani, tagliando di fatto i rifornimenti dei russi. Lo stesso Surovikin lo ha detto: "Kherson e gli insediamenti adiacenti non possono essere completamente riforniti e messi nelle condizioni di funzionare mentre la vita delle persone presenti sul campo è costantemente in pericolo”. Una realtà dura da accettare, insomma, per il Cremlino, che solo poco più di un mese fa aveva sbandierato a tutto il mondo che quel territorio sarebbe rimasto russo "per sempre". È lecito, a questo punto, pensare che Putin abbia scelto il volto del generale di ferro proprio per rendere la sconfitta meno umiliante.
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