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Vladimir Putin "sta finendo i russi": indiscrezioni-choc dal fronte

Matteo Legnani
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Prima la pandemia di Covid. Poi la guerra, con la chiamata alle armi dei riservisti. Impennata dei morti, crollo delle nascite e fughe all'estero. Secondo quanto riportato da Bloomberg, la Russia sta vivendo un calo demografico di proporzioni drammatiche, che potrebbe segnare il Paese, anche sul piano economico, per gli anni a venire. E dire che, da tempo, la campagna demografica «per salvare il popolo russo», come aveva enfaticamente dichiarato ai media giusto un anno fa, è uno dei pallini del leader del Cremlino, Vladimir Putin. Una campagna portata avanti attraverso costose politiche sociali basate sul sostegno economico alle neomamme e su sconti fiscali per le famiglie numerose.

Invece, i numeri vanno in tutt'altra direzione rispetto alle attese dello Zar. Già prima dell'invasione dell'Ucraina dello scorso febbraio, il Paese aveva vissuto un anno, il 2021, in cui era stato registrato il più elevato numero di decessi (in gran parte causati dalla pandemia di Covid affrontata in modo a dir poco superficiale) dal 1945, quando si concluse la Seconda Guerra Mondiale. Al 1 agosto 2021, secondo dati forniti dall'agenzia di statistica Rosstat, i cittadini russi erano 145,2 milioni, ossia 475.500 in meno rispetto al 1 gennaio dello stesso anno, e giù di oltre tre milioni dai 148,3 milioni del 1991, l'anno in cui l'Unione Sovietica collassò, dando inizio a un decennio di imponente calo demografico legato alle gravissime difficoltà economiche del Paese.

AL FRONTE
Poi è arrivata la guerra contro Kiev. E, se a migliaia hanno fin qui perso la vita nelle battaglie in Ucraina (fonti di Kiev parlano di poco meno di 70mila russi morti al fronte, mentre secondo Mosca sarebbero poco più di 7mila), dal momento della chiamata dei 300mila riservisti alle armi di alcune settimane si sta assistendo a { I¡ una fuga dal Paese dagli effetti ancor più pesanti, sul piano demografico, con circa 400mila uomini in età da arruolamento che sarebbero scappati nei Paesi confinanti. Quasi 200mila nella sola prima settimana dopo la mobilitazione del 21 settembre, dei quali 98mila in Kazakhstan, 53mila in Georgia (Paesi che, essendo ex repubbliche dell'Urss, non prevedono la richiesta di un visto per i cittadini russi in ingresso), 43mila in Finlandia e altri 3mila in Mongolia, secondo dati ufficiali forniti dai governi dei Paesi interessati.

La guerra sta già ora avendo conseguenze importanti sul tasso di natalità. Secondo Igor Efremov, demografo del Gaidar Institute di Moscow, citato da Bloomberg, «sono migliaia le giovani coppie che stanno rinviando il momento in cui avere un figlio, in attesa che la guerra finisca e di tempi di maggiori certezze. E la Russia - continua Efremov - potrebbe vedere il prossimo anno meno di 1,2 milioni di nascite, ossia il numero più basso dell'era moderna. Il tutto a fronte di una media di morti che nel Paese è attorno ai 2 milioni, anche se lo scorso anno, per effetto della pandemia, si era impennato a 2,5 milioni». Se poi il conflitto dovesse perdurare fino alla primavera del 2023, «è verosimile che il numero delle nascite nei successivi dodici mesi fino alla primavera 2024 possa scendere a non più di un milione, con un tasso di natalità di 1,2 figli per donna, molto al di sotto del tasso di 2,1 necessario per mantenere la popolazione stabile in assenza di fenomeni migratori» conclude l'esperto del Gaidar Institute. Le condizioni demografiche altrettanto sfavorevoli in cui versano le regioni dell'Ucraina che Mosca intende annettere alla Russia, non faranno altro che aggravare il quadro, secondo i dati di un report diffuso a inizio ottobre dagli economisti di Renaissance Capital, banca d'investimento britannica focalizzata sui mercati emergenti e di frontiera.

SCARSA MANODOPERA
Il crollo demografico avrà pesanti conseguenze di lungo periodo su un'economia come quella russa che da tempo sconta la "fame" di manodopera giovane. Già quest'anno la crescita del Paese potrebbe attestarsi non oltre lo 0,5%, ossia due punti percentuali al di sotto di quella registrata nel 2021, col calo demografico responsabile per circa un quarto di quella contrazione sotto forma di scarsità di manodopera e di minori entrate fiscali dirette e indirette.

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