Vladimir Putin e l'annessione, lo striscione al Cremlino: "Slogan per la bomba atomica"
L'allargamento dei confini russi dopo i referendum nelle regioni ucraine occupate è stato sancito oggi dal presidente Vladimir Putin, segnando un ulteriore gradino dell'escalation che potrebbe portare a uno scontro nucleare. Alle 14.00 ore italiane è arrivata la firma di Putin sugli accordi d'annessione con le autorità filorusse locali dei territori di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia. Al Cremlino invitati i deputati della Duma e sulla Piazza Rossa era pronto da ieri un palco con lo slogan «Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia, Kherson, Russia, insieme per sempre».
Le annessioni e i referendum non sono riconosciuti da nessuno. Ma tali conquiste territoriali porranno agli ucraini, e all'Occidente, il dilemma se valga la pena o no tentare di recuperarle militarmente, forzando quello che Mosca riterrà da oggi il suo nuovo confine nazionale e che, secondo la dottrina nucleare russa, può essere difeso con armi nucleari tattiche. In parole povere, ordigni atomici di potenza anche inferiore a quella della bomba di Hiroshima, ma sufficiente a distruggere tutto in un raggio di 2 km, abbastanza per disintegrare una divisione di fanteria ucraina o una base militare.
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GLI OBIETTIVI - Gli Stati Uniti hanno già minacciato «conseguenze terribili» se Putin usasse un'atomica e il Consiglio Atlantico della NATO ha ieri definito «atti di sabotaggio deliberati, sconsiderati e irresponsabili» le esplosioni sottomarine che hanno interrotto i gasdotti North Stream 1 e 2 sul fondo del Baltico, per quanto appartenenti alla stessa Russia, che dal canto suo rimbalza a Ovest le accuse. La testata americana Politico ha pubblicato indiscrezioni da «fonti dell'intelligence americana» secondo cui sono stati «intensificati gli sforzi per captare in anticipo indizi di un imminente uso russo di armi nucleari». Il presidente turco Recep Erdogan ha telefonato a Putin rammentandogli che i referendum hanno solo aumentato le tensioni e che «sono necessarie misure per aprire la strada a sviluppi più positivi».
Il ministero degli Esteri di Mosca ha diramato una nota che apre uno spiraglio, proponendo la ripresa di incontri diretti fra negoziatori nucleari americani e russi sulla base del trattato New START, che dal 2011 limita gli arsenali nucleari delle due potenze e che nel 2021 è stato rinnovato per soli altri 5 anni, fino al 2026.
Mosca propone di riprendere colloqui sull'equilibrio del terrore e anche ispezioni reciproche alle rispettive basi missilistiche, sospese dal 2020 col pretesto del Covid.
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Oppure su una nave militare russa in mari lontani da coste abitate? O una no-fly zone sull'Ucraina, che però porterebbe comunque a scontri fra aerei russi e NATO e dunque alla guerra mondiale? Da Washington non trapelano indizi. Intanto, la mobilitazione dei riservisti indica che la Russia è disposta a una guerra di lunga durata, come fece contro Napoleone e Hitler. Per l'ambasciatrice americana alla NATO, Julianne Smith: «Siamo rimasti sorpresi dalla decisione di Putin di dichiarare la mobilitazione, è un atto di debolezza». Gli ucraini ammettono però che la mobilitazione procede velocemente.
Per il portavoce dello Stato Maggiore di Kiev, Oleksiy Gromov: «Sono già stati mobilitati più di 100.000 dei 300.000 soldati annunciati.
Sappiamo che la cifra di 300.000 non è definitiva. E' probabile che il numero sarà molto maggiore«. Gli ucraini ritengono che «20.000 riservisti russi saranno dislocati in Bielorussia», sulle frontiere settentrionali dell'Ucraina.
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LA STRATEGIA - Frattanto Putin ha presieduto un vertice delle agenzie d'intelligence dei Paesi della Csi, l'ente che raggruppa quasi tutti gli stati ex-sovietici. Lo "zar" ha detto: «I nostri avversari sono pronti a trasformare i Paesi della Csi in epicentro di crisi, a provocare rivoluzioni colorate e scatenare bagni di sangue. Dovremo vigilare sui confini della Csi». Putin, ribadendo che «la guerra in Ucraina è conseguenza del crollo dell'Urss», ha aggiunto: «L'egemonia unipolare sta crollando. E' una realtà che l'Occidente rifiuta». Del resto, il supporto occidentale a Kiev costa sempre più, ma il presidente ucraino Volodymir Zelensky ha ringraziato gli Usa per l'ultimo pacchetto americano da 1,1 miliardi di dollari in armi: aOtterremo 18 lanciamissili Himars in più, altre attrezzature che porteranno l'Ucraina più vicina alla vittoria. Il Pentagono lo ha però in parte smentito, precisando che i 18 Himars «sono parte di necessità difensive a lungo termine e saranno consegnati tra alcuni anni». Washington precisa che i nuovi Himars verranno ordinati all'azienda produttrice, la Lockheed Martin, e non più prelevati dagli arsenali del Pentagono, che non vuole privarsene.